In questo articolo scrivo di Design e di Arte contemporanea.
Inizio con un mio racconto fantasy, dopodiché tratto di design e di arte contemporanea cercando di fare luce tra architettura, design e gente che ne fruisce.
Come sempre mi riservo un occhio storico per vedere come andavano le cose un tempo.
Racconto fantasy
io Design è il titolo del racconto fantasy di Elettra Nicodemi riportato qui di seguito, ogni riferimento a fatti persone cose realmente esistenti o esistite è puramente casuale.
La Redazione
Giulia Fenici è seduta sul letto a due piazze della sua camera.
Il letto ha sopra la coperta bianca, la sua preferita.
La preferisce perché lei ha un rituale, prima di mettersi al lavoro: rassetta i cuscini e stende la coperta; riordinare il letto è per lei una parte davvero fondamentale della giornata.
Quella coperta è bianca; bianca come un cigno.
E quando la stende, a lei sembra che il cigno stenda le ali e inizii la sua giornata, allo stesso modo in cui lei inizia la sua recandosi alla scrivania nell’altra stanza.
Sulla scrivania dello studio le carte sono appoggiate accanto al computer; sono ancora calde di stampa.
Il progetto a cui sta lavorando, quello per il palazzo della Banca Nazionale riposa.
Lei è una progettista, o meglio, una designer e riesce ancora a ricordare, nei giorni buoni, perché ama il suo lavoro.
Si è seduta sul cigno con i piedi a terra e i capelli sciolti poco prima; sono i suoi cinque minuti di relax alla tv prima della riunione quotidiana con i colleghi.
Da lì a poco sullo schermo del computer apparirà la scritta,.
“Buonasera designer Giulia Fenici, per favore avvicina il tuo occhio sinistro allo schermo per l’autenticazione”.
La scritta è il messaggio che di solito appare prima della messa di nostro signore il grande capo designer, lei chiama così il meeting con i colleghi e quella, grande capo designer, è la locuzione con cui mentalmente identifica il boss, Andy.
Lui si fa chiamare Andy dai dipendenti, ma è un pezzo di stronzo, lo sanno tutti.
Giulia indossa come sempre pantaloni larghi neri, una felpa presa dalla sua collezione di felpe nere che comprende una sola felpa di altro colore, una grigia, a cui è affezionata molto, è che mette ogni volta in cui è successo qualcosa di catastrofico, ma non ha tempo per rendersi conto della gravità dell’evento.
Il quarzo ialino è una delle pietre più affascinanti di cui parleremo stasera nel programma televisivo Geologia Mon Amour a cura del geologo Alexia Macari.
Giulia si massaggia il polso destro da quando si è alzata dalla sedia su cui passa la maggior parte della giornata, durante i giorni in cui ha da scrivere la relazione del progetto.
La presentatrice indossa un abito bianco, Giulia lo nota nel momento in cui l’immagine del quarzo ialino scompare, era apparsa in sovraimpressione pochi secondi prima, proprio quando la presentatrice aveva iniziato a parlare della sua trasmissione preferita che da domani non sarebbe più andata in onda di sera, dalle 7,30 alle 8, ma l’avrebbero trasmessa nel pomeriggio, per la precisione, spostata di tre ore nel palinsesto del canale, ovvero nella mezz’ora 4,30- 5.
Da una settimana a questa parte era quello che ripeteva la presentatrice subito dopo aver dichiarato quale sarebbe stata la pietra più affascinante di cui Alexia Macari avrebbe parlato in quella puntata.
Giulia doveva quindi decidere se per il giorno seguente avrebbe registrato la puntata per vederla alla solita ora, oppure se fare una mezz’ora di pausa dal lavoro nel mezzo del pomeriggio.
Non voleva perdere la sua mezz’ora con la geologia.
La messa si svolgeva dalle 7 alle 7,30 di sera, considerando qualche spot prima della trasmissione, lei faceva in tempo a sintonizzare Alexia Macari nel mentre in cui andava la sigla, poi alle 8 scendeva al ristorante sotto casa per prendersi l’ordinazione oppure infilava una pizza surgelata nel forno e si faceva un giro dopocena.
Quella sera però le cose sembrava non sarebbero andate come di consueto.
Qualcuno ha preso a strillare nella tromba delle scale, ora che Giulia ci pensa ha sentito dei colpi poco prima, come se qualcosa, cadendo, abbia sbattuto su una superficie prima di finire a terra, aveva supposto che fosse caduto un pacco da un tavolo ma poi aveva lasciato perdere, perché il rumore era stato strano, non identificabile.
Ma era un’altra cosa ciò che Giulia Fenici non sapeva quel giorno, ovvero che quello sarebbe stato il giorno più bello della sua vita.
Ore 7,35 pm; Giulia picchia il telecomando sul cigno.
Il telecomando rimane fermo, immobile, come la testa nera tra le penne immacolate in una foto ricordo.
Esce dalla stanza da letto, accende la luce del corridoio e si dirige verso la porta di ingresso.
Infila l’occhio nello spioncino.
Nella tromba delle scale la luce è accesa, il ballatoio è deserto.
Ritrae l’occhio dallo spioncino; strano, una sensazione non ancora ben determinata.
L’ingresso era costituito dal solo corridoio; vicino alla portone dell’appartamento Giulia aveva arrangiato un appendiabiti a muro, uno di quelli formati da numerosi rombi di legno e relativi pomelli per appendere le giacche.
Subito oltre uno specchio a muro e il mobile da toletta su cui teneva alcune fotografie incorniciate, dei prodotti per il viso, la spazzola per i capelli.
Davanti allo specchio in corridoio la sensazione si fa più netta.
Scelse un tubetto di crema dalla fila di cosmetici che teneva sotto allo specchio.
Una crema qualsiasi, in realtà un costosissimo antirughe azione-notte, sarebbe stata indicata per prendersi un po’ di tempo per sé, in attesa di capire qualcosa di più su quella sensazione.
Per Giulia la stanza da bagno era uno spazio funzionale dedicato alle comuni funzioni, come ad esempio spazzolare i denti, fare la doccia, pettinarsi, mentre il corridoio e in particolare quel mobile, era il posto dove Giulia era solita accendere delle candele, rilassarsi, farsi spazio tra i pensieri.
La faccenda delle candele la considerava una sua debolezza; non l’avrebbe ammessa neanche di fronte a dio.
Sul mobile una foto di sua madre e di sua sorella Atena.
Sua sorella Atena soprannominata, Cassety, esattamente dall’età di cinque anni.
Ed esattamente a seguito di quello scatto o meglio non proprio di quello scatto, ma di quel momento ritratto nella foto; quella foto in particolare l’aveva scattata lei con la polaroid, in un momento memorabile.
La sua sorellina Atena in braccio alla madre era stata fotografata da molti fotografi quella sera e era stata pubblicata sotto al titolo Marie Fenici and her Cassety.
La foto era stata pubblicata da una rivista americana molto famosa.
Nella foto, la stessa che aveva lei, ma da un’altra angolazione, Atena stringeva una busta di canditi nella mano sinistra.
Il magazine aveva travisato la descrizione della busta che la bambina teneva in mano con il nome di battesimo della piccola.
La dolce Canditi era stata per assonanza mutata in Cassety.
Giulia ricordava quel giorno in cui la madre la prese in braccio; la teneva alta come un trofeo!
Scoppiava di gioia nel mostrarla e nell’abbracciarla; di sicuro Giulia non aveva mai visto nessuno così felice prima di quel momento.
La mamma aveva appena tagliato il traguardo dei 3000 metri in 8’, 25’’ e 83 centesimi.
Aveva corso ai mondiali di Helsinky; si era aggiudicata l’oro; era arrivata prima.
Tagliato il traguardo la donna si era avvicinata agli spalti aveva fatto una carezza sul viso a Giulia e aveva sollevato la seconda figlia in aria.
Era stata lei, Giulia, la sua primogenita, ad alzare la sorellina abbastanza da terra perché lei potesse prenderla.
Le foto di quel momento pieno di gioia avevano fatto il giro del mondo.
Giulia Fenici si specchia; ha finito di applicare la crema sul contorno occhi.
Ha un viso rotondo, mento sottile e molto appuntito, zigomi eccessivamente pronunciati, sopracciglia marroni.
Il naso assomigliava al mento, appuntito e fine.
Mentre stendeva il prodotto sulle guance, Giulia ha abbassato gli occhi sul tubetto.
La crema ha una profumazione gradevole, all’aloe.
Sua sorella Atena aveva anche un altro soprannome, più recente, “dagli occhi di civetta” che sarebbe stato ben indicato anche per lei.
A sua sorella l’avevano affibbiato le riviste di genere, come anche “Palladio, la regina dell’atletica leggera”.
Giulia ripone il tubetto antirughe sulla mensola si allontana di qualche passo dal mobile da toilette trattenendosi nel corridoio di fronte alle giacche, poi repentinamente ficca di nuovo l’occhio nell’oculare; il sinistro questa volta.
Mette a fuoco; qualcuno sta in piedi, immobile sul suo zerbino in corda.
Quella è la sua amatissima sorella minore, la dolce Atena Cassety Palladio, coach di atletica leggera che sta prendendo un bel respiro mentre leva la mano sinistra e si accinge a suonare il campanello di casa sua.
Articolo in aggiornamento.
Categorie:Inside Design
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