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Lezioni su Charles Sanders Peirce filosofo americano

Introduzione

In questa lezione sul filosofo americano Charles Sanders Peirce leggo due serie di saggi e un saggio a sé stante.

A tutti coloro che intendono leggere questo testo web pedissequamente, è fatta presente una necessità che suppongo apparirà loro tale in modo evidente già dal principio della lezione, insomma come avrete modo di constatare da voi, abbisognate dei testi che squaderno, ovvero la manciata di saggi di questo autore qui trattati sotto la mia personale lente di ingrandimento dovrebbero essere nelle vostre mani, mentre queste pagine, mie lezioni, solo appoggiate sulla scrivania.

Trovate all’inizio di ogni saggio il riferimento bibliografico, per indicarvi con precisione quale sia fisicamente il saggio letto da me, rimane certamente libertà di procurarsi il testo in altra edizione, in diversa lingua e in diverso formato di lettura.

Il pensiero e il ringraziamento va a alcuni rari grandi maestri di ermeneutica che ho incontrato nel mio percorso, da cui la volontà di condividere il mio studio con ogni lettore interessato, nella speranza che possa il testo essere prima di tutto di conforto e in seconda battuta di aiuto nella serietà, bellezza e nella fondatezza della Filosofia, antichissima, grandiosa e tenera madre di tutti noi donne e uomini.

Prima serie

La prima serie sono cinque saggi di cui i titoli in italiano come riportati dalla preziosissima raccolta di opere di Charles Sanders Peirce a cura di M A Bonfantini e sono di seguito elencati.

  • Il fissarsi della credenza,
  • Come rendere chiare le nostre idee,
  • La dottrina delle probabilità,
  • La probabilità dell’induzione,
  • L’ordine della natura.

I cinque sono apparsi sul The popular science monthly tra il 1877 e il 1878.

Fatta questa precisazione duole dover introdurre un’incomprensione così in principio, tuttavia ritengo che sia bene fare questa considerazione in sede introduttiva piuttosto che nel corso del testo per maggior chiarezza.

A pagina 1019 del volume Opere di C S Peirce studiato si dice che i saggi sono in numero di sei, e la serie si chiama, “Illustrazione della Logica della scienza”.

I primi due saggi (Il fissarsi della credenza e Come rendere chiare le nostre idee sono raccolti da M A Bonfantini in Epistemologia di Peirce, mentre gli altri tre (la dottrina della probabilità – marzo 1778, la probabilità dell’induzione – , l’ordine della natura – giugno 1778) sono collezionati dal volume sotto la voce Metafisica di C S Peirce.

Resta da capire quale sia il sesto della serie di Logica della scienza di cui non si cita nemmeno titolo oppure se la serie originale sia effettivamente in numero di sei o sia composta dai cinque saggi nominati. 

I tre saggi sotto la sezione Metafisica sono costruiti come “una specie di trattatello a tesi”.

L’argomentazione è serrata e si trovano rimandi tra i saggi della serie originale (nota 2) .

Seconda serie

La seconda serie presa in esame appare nel 1868 su Journal of Speculative Philosophy e comprende Questioni concernenti certe pretese facoltà umane e Pensiero-segno-uomo.

La serie-concettuale enumera anche The New list of Categories, altro saggio, pubblicato prima, nel 1867, su Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences.

Con questa triade Charles Sanders Peirce (1839-1914) pone le basi del suo complesso sistema gnoseologico-semiotico, come si legge nel commento al testo dell’edizione Opere curata da M A Bonfantini ed effettivamente le opere successive si possono leggere come specificazioni di contenuti già presenti con i tre saggi. 

Saggio a sé

Vedremo poi Guessing: inferenza e azione il testo che apre la sezione Metafisica del volume Opere a cura di M. A.Bonfantini, un testo postumo dell’autore americano, uscito per la prima volta nel 1929 sul secondo numero della rivista The Hound and Horn.

Dedicato alla ragione abduttiva Guessing è di particolare piacevole lettura


Il fissarsi della credenza, Charles S Peirce, lezione 

Opere, Bompiani, il Pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, p. 354 saggio col titolo originale The Fixation of Belief, nov. 1877, apparso su The Popular Science Monthly (vol12 novembre 1877 -aprile 1878, pag 1-15), New York, Popular Science Pub Conducted by E L e W J Youmans, D Appleton & Co, 549 & 551 Broadway, 1878); nota I capitoletti in grassetto sono a cura dell’edizione del volume Opere, non sono usati dall’autore (Cfr Opere, Bompiani, il Pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, Premessa al Volume I, pag 7 penultimo paragrafo). 

Collegamento web all’archivio digitale per la versione inglese del saggio.

Charles Sanders Peirce inizia con un’affermazione generale introdotta da un aggettivo qualificativo sostantivato in funzione pronominale “Pochi”.

Introduce di seguito l’elemento che sarà centrale nella parte prima dello scritto “Lo studio della logica” aggiungendo che pochi si curano di studiarla.

Peirce dà una motivazione del fatto, “perché ognuno si presume già abbastanza competente nell’arte del ragionare”.

Vediamo subito un accostamento lessicale, la parola “logica” è sostituita dalla locuzione “l’arte di ragionare”, è presumibile che con logica intenda il ragionamento in generale e si può azzardare, leggendo il termine “arte di”, una vicinanza dell’autore con il dettato aristotelico.

Peirce conosceva Aristotele, ce lo conferma lui stesso in molti altri scritti.

Altrove l’autore americano cita il De Anima III e gli Analitici Primi.3 

La proposizione peirciana che avevamo lasciato finisce con un punto, un arresto che dà enfasi al discorso.

Segue nel testo peirciano Il Fissarsi della credenza, una nuova proposizione introdotta dalla congiunzione avversativa “Ma”.

Il periodo non è molto lungo, la congiunzione introduce un’osservazione in prima persona, “faccio osservare”; l’osservazione dell’autore è “(che) questa presunzione è limitata al proprio raziocinio”.

Si nota subito un altro lemma per i già visti logica e arte di ragionare, “raziocinio”.

Non si può poi sorvolare sulla parola “presunzione”, una scelta lessicale forte, etimologicamente ben comprensibile.

In breve il prefisso pre-, (-prae-), significa “che viene prima” e data la seconda parte della parola, si può tradurre letteralmente ciò che si assume prima, in buon ordine con l’affermazione della proposizione precedente.

Tuttavia si lascerà nel proseguìo l’analisi lessicale a soli termini chiave della filosofia peirciana per il fatto che al momento è impossibile reperire il testo in lingua originale (inglese) e che le congetture si baserebbero (vedi nota 4) sulla sola traduzione, cosa che rende il lavoro vanamente ridondante e forse privo di reale efficacia

La fine del periodo è costituita da un’altra proposizione, coordinata alla precedente con lo stesso soggetto e introdotta dalla congiunzione copulativa “e”. “[…], e non si estende a quello degli altri”.

Finisce così il capoverso 5358, inizia con tabulazione rientrante il 5.359

Il saggio è avviato, ben introdotto da Peirce con una schema che si legge in varie parti dello scritto, in generale spesso Peirce inizia con una proposizione universale, talvolta introdotta da Pochi, come in questo caso, talaltra introdotta da Molti, per presentare a poca distanza la subordinata avversata da “ma” o similmente.

Talvolta si legge in questo genere di passaggi l’ironia dell’autore, fine e ben misurata

Superato lo scoglio iniziale, Charles Sanders Peirce usa la prima persona plurale, inizia la frase con “Noi giungiamo”.

In fase di traduzione si sarebbe a buon diritto potuto omettere il pronome personale, ma effettivamente la funzione rafforzativa scelta dal testo è avallabile come segue: fatta una primissima premessa generale e usato accento ironico per accattivare il lettore, Peirce segna una demarcazione di appartenenza, lasciando il lettore nella condizione di abbracciare la sua posizione.

Se il lettore continua a leggere il testo, allora è per così dire, dalla sua parte, dalla parte di Peirce.

E non è più nel novero di quelli che si presumono abbastanza competenti nell’arte di ragionare, condizione fondamentale per dare credito allo scritto. 

Bisogna ricordare che il saggio è apparso su di una rivista, The Popular Science Monthly, ed è per questo che chi scrive tenta la via di accattivare il suo pubblico, benché si presuma una certa benevolenza in quanti acquistino una rivista specializzata e quindi la buona disposizione alla lettura di qualcosa di Logica e ragionamento.

Il paragrafo 5359 continua con una precisazione, poi propone una visione generale della storia del pensiero oramai già chiamato col nome di “capacità di elaborare inferenze”, modo in cui Peirce trascina nella sua filosofia.

Peirce in 5359 fa un cambio lessicale credibile, riusciamo subito ad intuire che la nuova locuzione si riferisce al ragionamento.

Con il cambio lessicale siamo nel territorio del filosofo, intuiamo che il ragionamento c’entra con l’elaborazione, di inferenze. 

Segnato un punto al suo tabellone, Peirce allarga il campo, dice che la storia del ragionamento costituirebbe “un grande soggetto per un libro”.

Poi ne dà prova, cita gli scolastici medievali e cita gli antichi romani.

Dice che i primi hanno continuato il modo d’intendere l’arte di ragionare dei secondi, promulgando metodi di insegnamento buoni per la concezione in cui si credeva

Riassume magistralmente la logica degli Scolastici, dicendo che secondo loro tutta la conoscenza si fonda sull’autorità o sulla ragione, e che tra le due è all’autorità che si deve primato.

Introduce Peirce il concetto di strumenti intellettuali e dice che a quel tempo lo studente che fosse padrone del procedimento sillogistico , aveva terminato la sua educazione. 

Col paragrafo 5360 fino al 5364 compreso, Peirce tratta la storia del pensiero occidentale attraverso il citare alcuni autori, per la discussione fondamentali, esemplari di alternative dei corsi del ragionamento.

Tra questi si cita qui solo Ruggero Bacone secondo il quale, in breve, tra tutti i generi di esperienza la migliore è quella dell’illuminazione interiore.

Sarà solo con 5365, chiusa la parentesi storica sul ragionamento, che presenta di nuovo la parola “inferenza​”, propria del suo lessico.

Inferenza e principi guida

Charles Sanders Peirce considera ora l’oggetto del ragionamento; descrive un processo capace di aggiungere contenuto e condotto da premessa a conclusione vera.

In 5367 si introduce un altro lessico fondamentale per il pensiero dell’autore, si parla di abito mentale, l’atteggiamento che ci porta a scegliere un’inferenza al posto di un’altra.

Per completezza si ricorda che la formulazione in parole (o sintesi verbale) dell’abito mentale che porta a scegliere tra le inferenze si chiama principio-guida ​di inferenza.

I principi-guida sono ricordabili e utilizzabili immediatamente senza far ricorso al processo che ne ha portato la sintesi

L’esempio della nave in alto mare

Interessante il paragrafo 5368; qualora qualcuno si addentri in un campo a lui non familiare oppure in cui l’esperienza non verifichi continuamente i risultati dei principi-guida, sarebbe un intelletto che perde continuamente la bussola.

I principi-guida hanno un ambito entro cui sono utili e entro il quale sono usati routinariamente, e uno neppure si accorge di farne ricorso.

Stando all’esempio, saremmo nella condizione di riconoscere la loro assenza su di una nave in alto mare, qualora nessuno a bordo conosca i princìpi della navigazione, cioè nel caso in cui ci trovassimo in una situazione sconosciuta e in condizioni di dover agire. 

Fatti e fatti

In 5369 Peirce propone una divisione, tra i fatti che possono servire da principio-guida assolutamente essenziali e altre classi di essi. 

Fatti principi guida e Fatti oggetto di ricerca

Della prima divisione, vi sono da una parte fatti accettati come veri quando uno si chiede il motivo per cui una certa conclusione segua da certe premesse e d’altra parte i fatti che non sono implicati in tale questione.

Nella seconda divisione si inseriscono tutti i fatti che rivestono interesse  come oggetti di ricerca.

A questo punto, fatta la bipartizione e la divisione in classi, Peirce introduce una parola del titolo, Credenza 13.

Passaggio dal dubbio alla credenza

Scrive, “Pensandoci un momento apparirà chiaro che una quantità di fatti sono già assunti, quando una questione logica si pone per la prima volta– e qui si vede collegamento forte con l’incipit del saggio, a proposito di presunzioni, Peirce continua dopo il punto- Si assume per esempio che ci sono stati mentali come il dubbio e la credenza”. 

Spiegherà che è possibile il passaggio da uno stato all’altro, dal dubbio alla credenza, rimanendo identico il pensiero.

Il passaggio da uno stato all’altro, (dallo stato di dubbio a quello di credenza) è il movimento a cui siamo sottoposti in via ordinaria. 

Lo stato di dubbio provoca irrequietezza; l’irrequietezza stimola la ricerca fino a che non si trova pace e soddisfazione, ovvero si è giunti alla credenza. 

Lo stato di credenza è caratterizzato come stato di appagamento.

L’effetto attivo della credenza è quello di metterci nella condizione di comportarci in un certo modo quando se ne presenta l’occasione.

Paragone con il sistema nervoso

Segue nel testo paragone con il sistema nervoso, il dubbio è simile all’irritazione di un nervo e al riflesso che essa produce, la credenza è simile all’associazione nervosa in conseguenza della quale al profumo di una pesca segue l’acquolina in bocca 15 .

In 5375 Peirce dà mostra di essere molto attento all’ambito della conoscenza entro il quale è dato agire, scrive con tono di precisazione “Ed è chiaro che nulla al di fuori della nostra conoscenza può essere nostro obiettivo, poiché nulla che non riguardi la mente può essere motivo di uno sforzo mentale”, affermazione che può sembrare in contrasto col fatto che il ragionamento deve produrre sinteticamente nuove conoscenze che si aggiungano a quelle in premessa, ma che è bene, considerando il dibattito idealista a cui Peirce non è nuovo, comprendere nei termini della conoscenza derivabile dalle cose conoscibili fattualmente.

In merito si possono riferire passi tratti dalle opere di Peirce, quando ad esempio parla del fatto che non è possibile liberarsi dai propri pregiudizi. 

Il punto di svolta del ragionamento svolto nel saggio si sottolinea prima di quest’ultima osservazione sulla conoscenza, la quale rischia di portare fuori strada rispetto alla linea dialettica del Fissarsi della Credenza.

Al paragrafo 5375, Peirce scrive: lo scopo della lotta che inizia col dubbio e termina con la credenza è lo stabilirsi di un’opinione .

Fissarsi di un’opinione

Ciò che è importante da qui in avanti è che vi sono alcune procedure in cui si può stabilire il fissarsi dell’opinione in credenza. 

Una di queste procedure avviene con il metodo della tenacia 17 .

Metodi
Metodo della tenacia

L’uomo inamovibile sulla verità della sua opinione agisce cercando di non ingannarsi con altre opinioni sullo stesso proposito.

Il tenace tende, come gli altri, a seguire la tendenza a liberarsi dal dubbio e, in particolare, tende a fissarsi stabilmente in una credenza18.

metodo dell’autorità

Un altro è cosiddetto metodo dell’autorità, si scorre fino a metà del paragrafo 5379 (sorvolando sulla fallacia del metodo precedente e su esempi della serie -delle speculazioni sulla nascita degli stati moderni-); riprendiamo il segno al capoverso che inizia con “Fin dai tempi antichi questo metodo […]”.

Il metodo a cui fa riferimento Peirce è già quello “dell’autorità anche se è da notare che non lo ha ancora chiamato così, il “metodo dell’autorità” compare solo al paragrafo successivo il 5380.

Charles Sanders Peirce, ancora in 5379 lo chiama “prodotto naturale del sentimento sociale” ovunque nella storia si sia trovata una classe di persone che facesse capo a certi interessi da cui dipendano le sorti di altre persone e beni.

Il filosofo Charles Sanders Peirce indica il metodo dell’autorità come applicabile nel caso in cui la povertà culturale sia estrema.

Eppure è sempre possibile che individui si sollevino al di sopra del sentimento comune perché dotati di un senso sociale più vasto21 .

Si deve attribuire incommensurabile superiorità mentale e morale al metodo dell’autorità rispetto a quello della tenacia.

Tuttavia il terzo metodo​, quello della ragione a priori​, è più intellettuale rispettabile rispetto ai primi due.

Lo si deve seguire finché non se ne trovi uno migliore.

metodo a priori

Il metodo a priori sviluppa le credenze in armonia con le cause naturali, tende a fissare la credenza che appare maggiormente in accordo con la ragione.

Soggetto al gusto, alla moda del pensiero è alla base della molteplicità di sistemi di pensiero fioriti dai tempi di antichi ai tempi moderni e sembra segnare la storia della filosofia metafisica.

Come il pendolo che oscilla avanti e indietro, così i metafisici della ragione a priori si sono spostati da una filosofia materialistica ad una spiritualista.

Si tratterebbe di uno sviluppo dei sentimenti soggetto a cause accidentali24.

Il saggio prosegue con il metodo scientifico.

metodo scientifico

Al metodo della ricerca scientifica si aderisce quando conviene trovare un metodo in base al quale le nostre credenze siano determinate da qualcosa di permanente fuori da noi, implica una nuova concezione di Realtà25.

Vince gli altri metodi per il fatto che dalla pratica del metodo scientifico non sorge necessariamente alcun dubbio sul metodo, cosa che capita con tutti gli altri.

Ogni metodo rappresenta un vantaggio (Nota 26)  rispetto al metodo scientifico

  • il metodo a priori ha conclusioni confortevoli,
  • il metodo dell’autorità è buono per le masse e assicura la pace e
  • il metodo della tenacia è da ammirarsi sopra gli altri per la sua forza e per la sua semplicità e immediatezza.

Considerando che, dopo tutto, si desidera che i fatti coincidano con le proprie opinioni e non c’è nessuna ragione perché quei tre primi metodi non le facciano coincidere.

Conclude Peirce dicendo che il genio del metodo logico di un uomo, cioé il metodo a cui un uomo si avvicina (Nota 27) spontaneamente, dovrebbe essere amato e riverito come la sua sposa che egli ha scelto fra tutte.

L’importante è battersi per ciò in cui in qualsiasi modo si crede, e allora quando dovesse sovvenire dubbio a destituire opinione, cambiare pure, continuando a rodersi e ad agire per credere


Terminata la lettura del saggio, continuiamo di seguito con la lettura di un altro saggio del filosofo americano Charles Sanders Peirce, intitolato “Come rendere chiare le nostre idee”.

Nel testo che segue riporto, come di consueto, le informazioni per reperire il testo che leggo io; aggiungo un collegamento web alla versione inglese del testo


Come rendere chiare le nostre idee, Charles S Peirce, lezione

Opere, Bompiani, il Pensiero Occidentale, giugno 2011, p 373 saggio col titolo originale How to make our ideas clear, genn 1878, apparso su The Popular Science Montly (vol 12 pag 286-302) Nota, i capitoletti in grassetto sono a cura dell’edizione del volume Opere, non sono usati dall’autore sulla questione confronta Opere, Premessa al Volume I, pag 7 penultimo paragrafo. 

Collegamento web alla versione in inglese del saggio del filosofo.

Il saggio inizia con il richiamo alle distinzioni tra idee chiare e oscure e tra idee distinte e confuse, distinzioni che con le parole del filosofo: “compaiono nei libri di logica da quasi due secoli, né migliorate, né modificate […]”28 .

Segue la spiegazione delle due distinzioni le idee chiare sono tali (nota 29) da essere riconosciute ogni volta che le si ritrovi e sono tali che non possono essere scambiate con nessun altra; contrariamente si chiamano oscure.

Le idee distinte sono idee che nella loro definizione non contengono nulla che non sia chiaro; altrimenti sono “confuse”.

Peirce continua dicendo della sua intenzione di mostrare la pigrizia30 dei logici per il fatto che hanno trascurato di applicare gli insegnamenti del pensiero moderno al miglioramento della logica .31

Si appresta quindi a mostrare il metodo per raggiungere la chiarezza di pensiero come quella che si ammira nei “pensatori odierni”.

Riferimento al Discorso sul metodo René Descartes

Se (nota 32) finora Peirce si è tenuto su toni generalissimi, con il paragrafo 5391 l’autore americano prende posizioni specifiche, scrive:.

“Quando Descartes s’accinse a ricostruire la filosofia, […]” – sceglie in altre (nota 33) parole un autore in particolare, René Descartes (detto anche Renato Cartesio).

Nel passo Peirce chiama ad esempio Descartes e in particolare si riferisce al (nota 34) Discorso sul metodo libro notevolissimo per la grande filosofia (nota 35) Seicentesca e Settecentesca, infatti Discorso sul metodo riapre l’antico problema della sostanza.

Le riflessioni del libro di Descartes scritto in latino, la lingua della comunità dei dotti, passano attraverso Baruch de Spinoza, Gottfried Wilheim Leibnitz, John Locke.

Excursus storico

La scelta di Charles Sanders Peirce va quindi a pescare la testa che è stata a capo di larga parte del dibattito filosofico, René Descartes, e si (nota 36) interessa specialmente del suo aperto schierarsi contro la pratica Scolastica di considerare l’autorità come sorgente di verità, assurgendo il dubbio assoluto a elemento destrutturante e costruttivo di sapienza

Peirce riassume il lavoro cartesiano con il lessico che ha proposto nel saggio precedente , scrive Peirce, “Così passava direttamente dal (vedi nota 37) metodo dell’autorità a quello dell’apriorismo ”.

Gioiello da riporre

L’excursus storico (vedi nota 38) passa da Leibnitz, a cui Peirce rivolge critiche di mancata comprensione della filosofia cartesiana, e si conclude con una (vedi nota 39) figura retorica: una similitudine tra la dottrina della chiarezza e un  gioiello tale da essere riposto nello “scrigno delle curiosità” (vedi note 40 e 41). 

Poi Domandare alla logica

Come rendere chiare le nostre idee è la vera domanda da porre alla logica; la lezione che può impartire è importantissima e disprezzata solo da chi crede di non averne bisogno.

Peirce in 5393 si dilunga (vedi nota 42) sui risvolti possibili della ricezione della lezione da chiedere alla logica.

Suppone oniricamente quali potrebbero essere i risultati di un popolo che abbia compreso come rendere chiare le sue idee, in termini di nazione (-popolazione omogenea per costumi, abitante su di un territorio unificato da una forma di governo stabile e riconosciuta-).

Si sofferma su anse di ragionamento (come ad esempio quella introdotta da “Non è ancora stata voltata la pagina della storia che ci dirà” se- prosegue Peirce – effettivamente le idee di una nazione prevarranno su quelle di un’altra) tali da poter essere considerate marginali ai fini del senso principale del saggio.

Esempi pieni di colore e metafore

Idea-embolo

Tra gli esempi pieni di colore dello scritto si afferma che la chiarezza avviene con la maturità, si parla del fatto che talvolta un’idea agisce come embolo in un’arteria in modo da condannare il latore ad agire con ristrettezza a causa del languire e pur nell’abbondanza del nutrimento.

La bella Melusina

Si fa poi l’esempio della bella Melusina attenzionato dalla notazione del volume, per spiegare che a volte le idee che avevano funzionato da idoli, a volte spariscono con il sorgere del sole

In 5394 dopo un efficace riassunto dei segni lasciati nel saggio precedente, Peirce si produce in una specificazione di cosa non è da considerarsi né Dubbio né Credenza per non occorrere in sproporzioni di senso.

Un passaggio sul tram a cavalli

L’esempio qui esposto di seguito serva a buona memoria anche per comprendere quanto Charles Sanders Peirce spiega altrove a riguardo della sua posizione anti-meccanicista.

Trovandosi a pagare il biglietto del tram a cavalli e dovendo -probabilmente- fare i conti con il vetturino per il resto, decide sul momento con quale monete pagare.

L’eventualità del modo in cui pagherà il biglietto fa riferimento a un’attività mentale necessaria per la decisione, decisione richiesta non da un processo di causazione, ma determinata immediatamente o dal caso, come specifica meglio nel saggio intitolato La dottrina delle necessità sotto esame .43

Peirce con un breve passaggio logico passa a parlare del genere di dubbio che stimola la produzione della ricerca scientifica.

Scrive che i dubbi sorgono da qualche indecisione momentanea oppure da esitazione simulata.

Dubbi vari

Per brevità di trattazione si comprende che esistono quindi dubbi di vario genere, uno di questi tipi è il dubbio sorto da indecisione momentanea, come ad esempio con quale moneta pagare il tram a cavalli, per il quale persino si occasiona sproporzione a chiamarlo dubbio, ed esiste il dubbio ludico, dal quale deriva la ricerca scientifica.

L’esempio inizia con una proposizione ipotetica,.

Se […] devo attendere in una stazione ferroviaria, per passare il tempo leggo i manifesti sui muri” – dice (vedi nota 44) Peirce – “immaginando […] di essere in uno stato di esitazione” confronto i vari itinerari e prezzi letti, simulando il dubbio su quale itinerario scegliere.

Teoria sensista

Nel passo subito di seguito Peirce espone il germe della sua teoria sensista, mai apertamente dichiarata, tuttavia altrove approfondita e così descrivibile, (vedi nota 45):.

 “Le sensazioni avvengono istantaneamente e una di seguito all’altra.

Per questo motivo lo stato del sentire è frammentario e illusorio46 .

Charles Sanders Peirce, Come rendere chiare le nostre idee.
La mente

Credendo nella frammentarietà si crea lo spazio logico per inserire la mente, descritta come sorgente di esistenza, elemento generatore di spontaneità, baluardo della libertà individuale e della diversificazione, salvezza dal meccanicismo e dalle sue derive che (vedi nota 47) porterebbero a credere che nessuna azione è determinata dal volere personale, ma preordinata da causazione. 

In Questioni concernenti certe pretese facoltà umane l’autore americano (nota 48) si addentra in esempi sensisti, indagando la vista, il tatto e l’udito (non considera l’olfatto e il gusto).

Da essi si evince che, tra le sensazioni effettivamente percepite e il sensato c’è un lasso.

Per quanto riguarda l’esempio sulla vista, si ha un “difetto” nell’organo oculare, punto cieco, ricostruito arbitrariamente dall’intelletto; per ciò che concerne il tatto per la vastità della stoffa, la sensazione della testure è data da sensazioni istantanee affiancate le une alle altre col far scorrere le dita; nel caso del suono, si riesce a descriverlo in acutezza, col confrontare la percezione con altre di cui si ha ricordo.

Nel saggio del 1878, Come rendere chiare le nostre idee, Peirce scrive:.

Le immagini passano rapidamente attraverso la coscienza, fondendosi incessantemente l’una nell’altra.

Il processo di collezione e accostamento di immagini su un dato argomento può avere durata varia, ci porta a decidere come agire in circostanze simili a quelle  che hanno dato origine alla nostra esitazione”.

Charles Sanders Peirce, Come rendere chiare le nostre idee.

Peirce dice , “in altre (nota 49) parole abbiamo conseguito la credenza”.

A parte gli esempi che (nota 50) seguono, del brano musicale, valutabile per la descrizione della (vedi nota 51) coscienza con due generi di oggetti:.

  • quelli di cui siamo consci immediatamente e
  • quelli di cui siamo consci mediatamente.

Si fa interesse sul paragrafo successivo per le definizioni che si danno di (vedi nota 52):.

  • credenza e
  • pensiero .

Dalle quali si evince l’importanza del movimento dialettico nella gnoseologia peirciana.

Da notarsi l’esempio figurativo esposto in 5398, per comprendere come la sussunzione della percezione in pensiero provochi il riconoscimento o il mancato tale di analogie tra figure effettivamente simili.

La mancata astrazione per tipi generali porta ad inganni su oggetti esperiti e quindi alla creazione di giudizi erronei

Con il capitoletto La massima pragmatica Peirce si profonde nel dare significato al “senso del gergo”, si intenda che vi è un gergo, un significante comune di parole d’uso, per le quali si deve talvolta dare eccezione.

Transustanziazione

L’esempio portato dall’autore riguarda la (vedi nota 53) transustanziazione del sangue nel vino durante la celebrazione eucaristica e pretende di essere un esempio esclusivamente logico.

Buono come esercizio per comprendere la proposizione che relaziona la totalità degli effetti pratici di un oggetto e la nostra concezione dell’oggetto 54 .

Altrove la massima del pragmatismo è descritta come riguardante (vedi nota 55) la distinzione dei concetti per senso e applicazione logica. 

Il testo Come rendere chiare le nostre idee prosegue con la spiegazione dell’idea di forza; come è auspicabile Peirce dà conto dello sviluppo dell’idea, dicendo di aver iniziato ad indagare in proposito all’idea di forza, con le discussioni iniziate all’inizio del secolo XVII e al tempo in cui Charles Sanders Peirce scrive esse sono abbastanza spinte in avanti da permettere la descrizione dei fenomeni fisici e del loro cambiamenti di stato.

Idea di forza

Procede nell’esposizione attraverso domande consecutive, indirette; dalla lettura del testo si comprende come Peirce sia perfettamente in grado di conoscere la fisica e le astrazioni dal reale operate matematicamente, richieste per descrivere i fenomeni naturali.

Querelle sulla Meccanica Analitica

Nel testo si introducono i vettori, le somme vettoriali e specialmente la regola del parallelogramma.

Tratta dell’accelerazione e si pone domande di contenuto, oggidì superate da definizioni più accurate, e che Peirce risolve considerandole come domande inerenti alla forma del linguaggio con le quali si pensano.

L’autore cita la querelle sulla Meccanica Analitica rendendo conto della sua opinione in proposito.

Realtà, non finzione

A questo punto del saggio si è addentrato abbastanza in questioni di logica fino ad arrivare ad un punto cruciale dell’uso della logica:.

La logica applicata al concetto di realtà; Peirce cerca di raggiungere una definizione.

Ne propone una definizione mobile che oscilli tra il concetto di realtà e quello posto al suo opposto, la finzione.

Definisce il reale, “come ciò di cui i caratteri indipendenti da quanto chiunque possa pensare che siano” .56

Attribuisce le idee di realtà e falsità al metodo sperimentale di fissare le opinioni, dà il primato del metodo sperimentale (o scientifico) su tutti gli altri metodi – già visto in il Fissarsi della credenza, e specifica qui che il primato è ottenuto per il fatto che tutti coloro che lo seguono sono animati dalla serena speranza che i processi di indagine daranno soluzione sicura alle questioni a cui vengano applicati debitamente.

Viene qui a crearsi un altro punto cruciale:.

Processi di indagine

I processi di indagine purché protratti abbastanza a lungo porteranno sempre alla conoscenza della realtà:

Anche qualora vi sia un errore non visto tale che continui a perpetuarsi, ci sarà un momento nel futuro, per il quale a seguito di un’apocalisse, l’umanità si estinguerà e si creerà di nuovo, in modo tale da superare l’errore non codificato nella risma precedente.57 

La domanda indiretta contenuta già nel titolo del saggio arriva al fine dello scritto con una chiarezza nuova; Peirce scrive:

è certamente importante come rendere chiare le nostre idee, ma le idee possono essere chiare anche senza essere vere.

Ora dobbiamo studiare come renderle tali.

Charles Sanders Peirce

Lascia il saggio “aperto”, le idee possono essere (nota 58) chiare quantunque la vera necessità è che esse siano vere.

Perché e come esse possano essere rese vere e quindi feconde e prolifiche e portatrici di progresso, per quello non c’è arte ridotta a regoletuttavia delle idee vere la storia della scienza presenta indizi.

Per (nota 59) coerenza dello scritto ho tralasciato il paragrafo 5406 seppur validissimo per leggere della dialettica tra realtà e finzione.

In breve entrambe, emergendo dalla coscienza, producono l’effetto di creare credenze quando vere, quando false.

Nel paragrafo si da conto delle risposte dell’autoritario, del tenace e dell’apriorista.

Il paragrafo 5409 anch’esso non è prima d’ora citato, sebbene contenga suggestioni memorabili come quella delle gemme in fondo al mare e dei fiori nell’aria deserta, esempi per intendere, che non è detto che ciò che non si conosce non possa esistere e che allo stesso tempo non conoscendolo, non esiste; il paragrafo contiene anche domande problematiche di filosofia scientifica.


La dottrina della probabilità di Charles S Peirce, lezione

Opere, C S Peirce a cura di M Bonfantini, Bompiani, Il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011 (col titolo originale The Doctrine of Chances, marzo 1878, The Popular Science Monthly vol 12, pp 604-15).

Il testo è collegato agli altri due saggi ( vedi Introduzione) da numerosi rimandi.

I confronta sottolineati nel testo, terzo della serie del Popular Science Monthly sono in elenco i seguenti:.

  • a)“Questa classe di difficoltà […] nel mio ultimo articolo” e
  • (b)“Si è mostrato (vedi nota 60) in […] articoli” e
  • (c)“ed è per amore […] al prossimo numero” (vedi note 61 e 62).

Le parti del saggio

I titoli dei capitoletti che dividono il saggio in parti sono:.

  • fecondità euristica del concetto di continuità,
  • il problema della probabilità come problema generale della logica,
  • i gradi di probabilità,
  • il puzzle del mazzo di carte con 25 carte rosse e una nera,
  • regole fondamentali per il calcolo delle probabilità. 

Fecondità euristica del concetto di continuità,

Il testo inizia (fecondità euristica del concetto di continuità)​ con una vasta osservazione di carattere generale, “è osservazione comune […]”63 tono su cui continua per tutto il paragrafo, per buona parte del paragrafo successivo, fino all’ “esempio del naturalista” che inizia così:

“Quando un naturalista vuole studiare una specie, raccoglie […]” .

Charles Sanders Peirce, La dottrina della probabilità.

Il (nota 64) racconto del lavoro del naturalista dura per buona parte del paragrafo.

Peirce se ne serve – come dichiara- perché il naturalista usa l’idea di continuità per operare le concettualizzazioni di cui ha bisogno affinché le quantità numeriche in dati, diventino osservazioni che descrivono la porzione osservata.

L’idea di continuità è spiegata come il passaggio da una forma all’altra per gradi impercettibili, ed è descritta come potente ausilio per la creazione dei concetti veri e fertili, probabilmente gli stessi che si è auspicato in Come rendere chiare le nostre idee.

Dell’idea di continuità Peirce ne farà grande uso nei saggi della serie.

Per mezzo di essa le differenze vengono frantumate e risolte in differenze di altro grado e per negligenza di essa, nascono fallacie che dèsolano la filosofia.

Peirce, nella conclusione del paragrafo fa riferimento alle felici applicazioni dell’idea di continuità per lo studio di questioni biologiche e sociali, con accenno alla grande utilità che le finzioni a volte hanno nella scienza. 

I paragrafi seguenti 2647-8 sono introdotti dal titoletto il problema della probabilità come problema generale della logica.

Il problema della probabilità come problema generale della logica

La definizione di probabilità peirciana riguarda la trattazione delle quantità di dati.

Le quantità di dati sono trattate con strumenti della logica.

La trattazione assume terminologia specifica, anch’essa numerica (ad esempio, uno, zero, frazioni comprese) per significare il verificarsi di un evento (se è verificato si scrive “uno”), il suo non verificarsi (si scrive “zero”), fino al prodursi della scrittura di operazioni aritmetiche per rappresentare inferenze.

Il risultato dell’applicazione di stringhe logiche tra dati in premessa, risultati e inferenze, può risultare paradossale per il fatto che la logica è superata dall’aritmetica.

La faccenda è confusa, per mancanza di specificazioni da parte di Peirce che preferisce tenersi su toni generali e mostra di voler solo accennare ai pareri in merito non concordi.

Peirce conclude il paragrafo dichiarando la necessità di rendere l’idea di probabilità chiara alla nostra mente, rimanda al suo ultimo articolo (vedi nota 59).

L’autore americano si è preparato il terreno per mettere giù il paragrafo seguente “I gradi di probabilità”.

I gradi di probabilità

Gli argomenti possono essere dimostrativi o probabili.

A suo supporto  Peirce cita Locke in Il saggio sull’intelletto umano (1690).

Dalla lettura guidata da Peirce, si conclude che in una mente logica vi è strutturazione di schemi concettuali, chiamati dall’americano “genere di argomenti”, tali che quando le premesse sono fatti reali, lo sono anche le loro conclusioni.

Peirce spiega nel paragrafo seguente (2650) da dove derivano gli errori più gravi e persistenti nell’uso della teoria della probabilità.

Peirce attribuisce gli errori al linguaggio usato abitudinariamente, tale da lasciar credere della possibilità di una probabilità inerente agli eventi che occorrono. 

Il puzzle del mazzo di carte con 25 carte rosse e una nera

Il puzzle del mazzo di carte con 25 carte rosse e una nera parte del testo in cui si chiarisce della precedente e si propone esempio con le carte da gioco, particolarmente memorabile.

Peirce sembra si sia profuso nel passo a questo precedente perché un punto della sua filosofia sia fuori di dubbio, “Un’inferenza individuale deve essere vera o falsa, e non può mostrare alcun effetto probabilistico”.

Ciò che lui chiama inferenza quindi non è più o non ancora soggetto a probabilità.

Il processo inferenziale è costituito da abiti, ciascuno dei quali è descrivibile con principi-guida, proposizioni che possono essere vere o false, tanto quanto le idee che vi stanno alla base. 

L’esempio memorabile è quello dell’uomo sulla via dell’eterna felicità qualora l’estrazione a cui è chiamato produca evento carta rossa e ammonito a imperitura afflizione nel caso di carta nera.

Per significare che, se A allora B, non ha alcun significato in relazione ad un singolo caso.

Il Peirce salva la questione con “Non è facile riconciliare il tutto con la nostra idea di probabilità” l’autore americano indica con chiarezza che vi è una discriminante tra la comune concezione di probabilità e – si assume liberamente- la concezione di probabilità corretta dallo studio della statistica.

Segue nella stessa sezione del saggio l’esempio “opposto” a quello dell’uomo che deve pescare una sola carta in palio felicità o dannazione , l’esempio del giocatore (nota 65) d’azzardo.

Il ragionamento è tenuto nell’ordine di idee del “giocare abbastanza a lungo” tanto che la condizione di capovolgimento della fortuna si verifichi.

Nel paragrafo si parla della cosiddetta martingala, la tecnica usata dai giocatori incalliti per avere la speranza di recuperare le spese del gioco in caso di vincita e si fa l’esempio delle assicurazioni per le quali potrebbe venire il giorno in cui le perdite superino il sostenibile, cosicché la compagnia sarà portata a fermarsi. 

L’ultimo esempio del paragrafo serve ancora una volta a dimostrare (nota 66) come secondo la teoria della probabilità, per un uomo potrebbe arrivare il giorno in cui tutto ciò in cui aveva riposto fiducia lo tradirebbe così da farlo crollare e così pure per ogni grande dinastia e civiltà.

Per l’uomo vi è la morte, evento che rende finito il numero dei rischi individuali e delle inferenze, Peirce dichiara come passaggio fondamentale

“la logicità inesorabilmente richiede che i nostri interessi debbano essere non limitati.

Non si devono arrestare al nostro fato individuale, ma devono abbracciare l’intera comunità”

La comunità a (nota 67) sua volta non deve essere chiusa, “ma si deve estendere a tutte le razze di esseri con cui possiamo giungere ad una relazione intellettuale mediata o immediata”.

La logica è radicata nel principio sociale.

Peirce con un passaggio veloce, fa un cambio di argomento, data la premessa sulla logica come principio sociale, gli uomini per essere logici non dovrebbero essere egoisti.

Passa a parlare dei tipi umani, l’avaro e l’eroe, dopo aver dichiarato che in effetti “il perseguimento volontario dei propri desideri è una cosa diversa dall’egoismo”.

Specialmente con l’esempio dell’eroe è facile capire che la logicità sociale implica che (nota 68) gli interessi di uno si identifichino con gli interessi della comunità,  per (nota 69) completezza dopo l’esempio dell’eroe Peirce ripropone quello dell’uomo e dei due mazzi di carte, concludendo che il logico imiterebbe il coraggio dello scegliere il mazzo rosso per condividerne la logicità. 

I sentimenti in gioco nella comunità logica sono l’interesse per una comunità indefinita (carità) il riconoscimento della possibilità che questo interesse divenga supremo (fede) e speranza nell’illimitata continuazione dell’attività intellettuale a cui Peirce collega le tre virtù teologali, come disposizioni del cuore a cui si dovrebbe aspirare. 

Regole fondamentali per il calcolo delle probabilità

In regole fondamentali per il calcolo delle probabilità Peirce espone tre regole fondamentali più un altro paio.

Le tre regole sono del calcolo diretto, dell’addizione di numeri relativi, della moltiplicazione di numeri relativi. Una delle regola supplementari ordina un solo caso particolare, che capita spesso, il caso in cui vi sia la stessa probabilità che se C è vero, allora B oppure A.

Il caso si studia statisticamente con le semplificazioni del caso (es Bambini di New York), tuttavia nella pratica reale la questione se due eventi sono indipendenti è spinosa.

Segue nel testo l’esempio del mazzo di carte ben mescolato e del bravo giocatore di whist.

L’altra regola supplementare è solo nominata come esistente, e non enunciata perché afferente a teoria della probabilità altra.

Che, se fosse corretta, potrebbe essere posta alla base del (nota 33) ragionamento.

Il considerarla, seppur nebulosamente, è abbastanza per condursi alla formulazione della vera teoria, cosa che sarà spiegata nel saggio seguente 70.

L’ordine della natura, C S Peirce, lezione

Opere, C S Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale The Order of Nature, giugno 1878, The Popular Science Monthly, vol 13, pp 203-17).

Qualunque proposizione riguardante l’ordine della Natura, ha necessariamente a che fare, in misura maggiore o minore con la religione.

Charles Sanders Peirce

Peirce inizia così il saggio col titolo originale The Order of Nature.

Nel corso della trattazione si dà il senso con cui intendere il dettato iniziale e subito di seguito, come tipico dell’autore americano, si dà conto dei termini usati, tutto considerati in varie accezioni possibili.

Prima di tutto vediamo qui cosa si intenda per Ordine di Natura.

La natura fisica, terrestre e celeste

L’Ordine di Natura è la descrizione della natura fisica terrestre e celeste, in modo tale che sia riconoscibile un ordine che porta dalle cose più piccole a quelle più grandi e che sia in grado di formulare teorie sul moto dei pianeti.

Al fine (o al principio) di questo ordine si è di solito portati a postulare una divinità, creatrice, ordinante, universale o qualsivoglia predicata.

Peirce come c’è da aspettarsi dalla sua impostazione logico-scientifica dà conto delle accezioni di religione, non tanto forse per difendere la sua proposizione iniziale quanto per tentare di tenere larga la visuale e perché sia ben chiaro che la sua non è la posizione del teologo, quanto piuttosto quella dell’uomo esperto del modo di ragionare.

Inoltre sembra voglia dare un gusto particolare all’avverbio “necessariamente”, presente nella sua affermazione e passibile di intransigente definizione a chi è aduso allo studio della filosofia.

Il “necessariamente” di Peirce è qui da intendersi con la sfumatura dell’inevitabile per natura; in altri termini, sembra voglia lasciare da parte la scure kantiana del “ciò che è e non può non essere”.

I filosofi-scienziati: Descartes, poi Sant’Anselmo e Laplace

 I filosofi-scienziati-pensatori citati da Peirce sono ancora una volta Descartes, poi Sant’Anselmo e Laplace; in effetti la discussione è molto varia e interessante, tratta delle uniformità (o leggi di Natura), presenta delle tavole combinatorie, parla vastamente dell’induzione, rimanda al testo La probabilità dell’induzione (in particolare si trova riferimento tra il cosiddetto “campionamento” in L’ordine della natura, e il suo esempio del sacco di fagioli), dà definizione dell’induzione come inferenza sulla base di dati trattati con regole probabilistiche.

Dà importanza alla definizione di induzione dicendo che quello stesso processo di induzione così descritto è usato in molti campi d’indagine del sapere .71 

l’esempio del pulcino appena uscito dall’uovo

Nella sezione indicata col titoletto “Mente e natura”, Peirce apre dibattito.

Nomina George Berkeley, senza addentrarsi in discussioni ed esemplifica a proposito dell’avere idee innate, con l’immagine del “pulcino appena uscito dall’uovo”, già in grado di risolvere problemi spaziali, matematicamente molto complessi.

Nel paragrafo 6417 sembra ci sia una specie di sintesi tra l’inizio del saggio (ved. affermazione), lo sviluppo e la constatazione di comportamenti che sembrano presupporre idee innate; Peirce scrive:.

“Sembra perciò incontestabile che la mente dell’uomo è fortemente adattata alla comprensione del mondo, o almeno che per quanto lontano questo ci possa portare, certe concezioni, molto importanti per una tale comprensione, sorgono naturalmente nella mente e che, senza tale tendenza la mente non potrebbe mai aver avuto nessuno sviluppo”.

Charles Sanders Peirce

Le speculazioni raccolte in Scienza e religione (altra sezione del testo come indicato dall’edizione curata da M Bonfantini) di fronte all’universo sono frutto di un uomo a cui sta davvero molto a cuore la scienza.

Charles Sanders Peirce tratta prima della teologia-religione, dicendo che loro, gli aprioristi (ved saggio primo della serie del The popular science monthly, Il fissarsi della credenza) non fanno fatica ad adattare i fatti alle loro concezioni a priori.

Poi degli scienziati, per i quali le cose sono molto più complicate di così, tanto che data l’infinità dell’universo, si dovrebbe presumere che l’universo sia troppo vasto per avere un qualsiasi carattere.

La scienza ha poi la presunzione che lo spazio e il tempo siano “parti note” e che è un bene che certe presupposizioni siano assunte prima di altre ipotesi.

Elenco di menti e caratteristiche

 Nella stessa (nota 72) sezione, Peirce parla ancora di menti – difficilmente Peirce usa il termine uomini- e ne elenca varie specie.

Vi sono quelle che hanno la tendenza a scoprire piani e strutture della biologia, sistemi di proporzionalità nelle forme umane e altro.

Altre alle quali ogni forma di pregiudizio sembra sleale e menti che abbracciano teorie mistiche; afferma in proposito (73):. 

Sarebbe eccessivo dire che al momento la scienza smentisce la religione, ma mi pare che lo spirito della scienza sia ostile ad ogni religione […] 74 .

Charles Sanders Peirce

Poi nomina il buddismo , cita i sacerdoti di alcuni culti come pastori di (75) masse e pone l’attenzione, sul fatto che non è necessario doversi astenere dalla gioia portata dalle celebrazioni pasquali e natalizie, solo perché si è uomini di scienza,  

“Mi deve essere precluso […] perché penso che certe idee scientifiche, logiche, metafisiche che sono state mescolate a questi princìpi siano insostenibili? No, fare questo significherebbe reputare questi errori della maggior conseguenza della verità […]”.

Charles Sander Peirce
multiculturalismo ?

Che sia possibile leggere Peirce (76) come un genere di speculazione altissima sul multiculturalismo e di tolleranza per la contaminazione e coesistenza di idee? Che ci insegni a non prenderci troppo sul serio? E a fare salve le tradizioni che hanno formato i nostri schemi più profondi?.

Sì, purché le idee che troviamo siano buone per dare descrizioni soddisfacenti, credibili, godibili, sulla realtà.

Tutto va bene, purché non si perda quell’ormai lontanissimo lato magico del credere. 


Pensiero-segno-uomo, C S Peirce, lezione

Opere, C S Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale Some Consequences of Four Incapacities, Journal of Speculative Philosophy, 1868 vol 2 pp140-57).

Peirce inizia il saggio dicendo che Cartesio è il padre della filosofia moderna.

Con un elenco numerato (da 1 a 4) il filosofo americano riassume cosa “lo spirito del cartesianesimo” insegna, (nota 77); insegna che la filosofia deve cominciare con il dubbio universale, insegna la coscienza individuale come detentrice della certezza, propone una singola linea di inferenza dipendente da premesse non appariscenti, non pretende infine di spiegare tutti i fatti.

Cartesianesimo e appartenenza

L’elenco dei meriti del (nota 78) cartesianesimo è messo in paragone con l’uso della Scolastica.

Nel paragrafo seguente il 5265 Peirce afferma che la maggior parte dei (nota 79) filosofi moderni sono stati cartesiani, da ciò si specifica ciò che già era stato detto all’inizio del saggio (che Descartes è il padre della filosofia), la filosofia cartesiana ha quindi dato un senso di appartenenza alla maggior parte dei filosofi moderni di cui l’autore americano espone i princìpi della scienza e della logica, molto diversi da quelli originali-cartesiani.

Principi nuovi, un breve elenco

Il primo dei principi nuovi: riguarda il dubbio; non più dubbio assoluto come in Cartesio, ma frutto di ragione positiva, dubbio-momentaneo e inscindibile dai pregiudizi conoscitivi, (questo primo si ricorda anche per l’esempio del tragitto lungo il meridiano, di seguito citato liberamente “passare per il dubbio assoluto sarebbe come dirigersi verso il Polo con l’intenzione di andare a Costantinopoli”).

Il secondo principio moderno riguarda la certezza; quella moderna non è altro che una teoria su cui la comunità di riferimento è concorde. Il terzo punto dell’elenco è dedicato alla filosofia, essa dovrebbe prendere esempio dalle altre scienze, procedere solo da premesse tangibili, affidarsi alla molteplicità e alla varietà dei suoi argomenti.

Il ragionamento filosofico quindi dovrebbe formare una fune le cui fibre siano intimamente connesse.

Con il quarto punto dell’elenco dei principi moderni si prende posizione contro l’accettazione-dell’inspiegabilità-di-un-fatto; l’accettazione dell’inspiegabilità di un fatto è inammissibile.

L’elenco dei principi moderni è finito, Peirce fa presente che anche Questioni concernenti certe pretese facoltà umane è stato scritto secondo lo stesso spirito di (nota 80) opposizione al cartesianesimo che domina questo secondo saggio del 1868. Peirce riassume Questioni concernenti certe pretese facoltà umane con la riproposizione delle quattro negazioni, non abbiamo potere di introspezione, né di intuizione, né di pensare senza segni, né dell’assolutamente conoscibile.

dubitabilità e controprova

Di seguito Peirce rivede le quattro (nota 81) proposizioni negative, nell’ottica della loro dubitabilità; per una prova ulteriore, propone di considerare solo la prima, derivarne le conseguenze e procedere analogamente per le altre. 

Il saggio prosegue con lo svolgimento della proposta dialettica, “Accettando la prima proposizione, dobbiamo mettere da parte tutti i pregiudizi derivati da una filosofia che fonda la nostra conoscenza del mondo esterno dai principi sulla nostra autocoscenza”.

I prodotti della (nota 82) coscienza avvengono nel mondo esterno alla coscienza, perciò la spiegazione di fatti che riguardano la coscienza, non possono essere ammessi in alcun modo se non come ipotesi; ipotesi necessarie di spiegazione.

La conoscenza segue da un processo continuo e non vi è alcuna conoscenza assolutamente prima dell’oggetto. 

La nostra conoscenza inizia con un processo di cognizione, processo di cui si riesce a dare descrizione ed è considerato il più lineare rispetto ai seguenti.

Seguendo lo svolgimento peirciano, dai primi due principi nell’elenco delle negazioni consegue che bisogna ridurre ogni azione della mente alla formula del ragionamento valido, senza ulteriore aggiunta di ipotesi, oltre a quella stessa ipotesi che la mente sta ragionando.

La domanda che apre il paragrafo successivo, il 5268 è ancora una volta a proposito della mente; in particolare si rivolge al processo che la mente usa, come se fosse un particolare ingranaggio.

la mente e gli abiti mentali

L’ingranaggio si attiva non-con-una-leva, ma con un altro ingranaggio (detto “processo cognitivo”) compreso nel primo (la mente) che funziona attraverso una serie possibile di ipotesi e che, sappiamo, produrrà un abito.

L’ingranaggio-mente movimenta dei processi logici; tra quei processi ogici, c’è il sillogismo; Peirce descrive univocamente quello che si potrebbe chiamare il processo di sintesi della mente, spiega, è molto dubbio che nella mente si produca un’immagine a rimpiazzare due premesse, per dire che non si può ragionare senza i segni.

I segni, così in altri saggi, sono quei pensieri semplici a cui la mente rinvia quando spiega a sé stessa il significato di una parola.

Il segno sarebbe, in termini contemporanei, il significante di un nome comune di cosa o persona astratto (nel testo Opere a cura di M Bonfantini si esemplifica con la parola “scapolo”) .

I segni, possono essere usati per la formulazione di (nota 83) pensieri complessi, attraverso la loro combinazione; nel paragrafo 5.268 Peirce non dà risposta definitiva alla domanda (nota 84) iniziale (“Ma è proprio vero che la mente segue il processo sillogistico?).

Si capisce però che nel momento in cui arrivo alla sintesi di alcune premesse, nella mente si è fatto funzionare se non proprio il processo sillogistico, almeno qualcosa di analogo.

La catena produttiva infatti (nota 85) impiega ipotesi, (che Peirce si augura che non si accavallino per numero o per spiegazione consecutiva e necessaria) e una volta avviata produce una conclusione inferenziale basata su premesse.

Inferenze valide e esempi

Di seguito si classificano generi di inferenze valide: un’inferenza valida si dice completa o incompleta; l’inferenza completa si definisce per opposizione a quella incompleta di cui si dà descrizione: l’inferenza è incompleta, se nelle premesse manca di qualche dato di fatto .

 La (nota 86) relazione che sussiste tra il dato-di-fatto-mancante e la conclusione dell’inferenza è la stessa anche se questo -dato di fatto- fosse esplicitato; si assume in effetti -per vero e virtualmente esistente-, anche se non lo si dichiara.

Se l’inferenza è valida l’argomentazione che la sostiene è completa, sia che le parti del discorso siano dichiarate in tutte le possibili obiezioni alle premesse o meno; gli argomenti completi si dividono in semplici e complessi.

Un argomento complesso, conclude facilmente quello che si sarebbe potuto ottenere con una serie di passaggi successivi ciascuno costituito da un ragionamento semplice.

Un’inferenza complessa viene così ad essere la stessa cosa di una serie di inferenze semplici.87 

Charles Sanders Peirce

L’autore del saggio Pensiero-segno-uomo passa di seguito, a illustrare le (nota 88) distinzioni che è bene operare sugli argomenti. Un argomento completo, semplice e valido (o sillogismo) è o apodittico o probabile.

Si chiama sillogismo apodittico (o deduttivo) il sillogismo la cui conclusione deriva interamente dalle premesse, senza abbisognare di altre conoscenze; nel caso in cui il sillogismo dipendesse da qualche altra conoscenza oltre a quella delle sue premesse sarebbe impossibile o probabile.

Il paragrafo (nota 89) 5271 è dedicato ad alcuni esempi, due in particolare sono elencati con elenco numerato (l’esempio dei multipli di sette o dei giorni degli anni bisestile e l’esempio delle vocali che escludono le lettere doppie e delle lettere doppie che non escludono le vocali) si trova poi in questo stesso paragrafo, “l’esempio del colera” per cui si potrebbe dedurre che sanguinare tenda a curare il colera, costruendo l’inferenza sulla cura, a partire da un solo caso osservato, (il caso è citato nell’esempio), che sarebbe un’inferenza probabile purché le premesse raccontate nel caso del tale affetto da colera asiatico fossero le uniche di cui si ha conoscenza, per diventare un’inferenza non valida venendo a parte dell’esito di centinaia di repliche del rimedio.

Peirce prima fa notare che, è pur vero per tutti i (nota 90) casi sopra studiati che se le premesse sono vere le conclusioni sono vere, poi fa notare che le inferenze si devono applicare cum grano salis.

Della sezione successiva “Suddivisione degli argomenti probabili, induzione e ipotesi​”, si prende appunto solo della spiegazione a proposito dei ragionamenti validi che sono o deduttivi o induttivi o ipotetici.

Si (nota 91) prende specialmente nota di “o altrimenti combina due o più di questi caratteri” come Peirce ha modo di spiegare altrove, la combinazione dei caratteri può avvenire solo nella mente.

Pensandoli e confrontandoli si possono vedere caratteri appartenenti all’una o altra definizione; la mescolanza quindi avverrebbe senza che le istanze si combinino tra loro.

La mente agisce per trovare le caratteristiche del ragionamento accostabili ad una definizione. Il ragionamento, deve essere poi definito, modo in cui prende il suo carattere tra quelli proposti.

Peirce come annuncia nel paragrafo qui esaminato, si dedica approfonditamente alla spiegazione dell’induzione e dell’ipotesi; tutta la sezione è dominata da esempi riguardanti le lettere dell’alfabeto. 

Il paragrafo 5278 apre una nuova parte del saggio chiamato Pensiero-segno-uomo nell’edizione Opere a cura di M Bonfantini, si può leggere agevolmente forti di un po’ di pratica sui sillogismi.

In particolare si evidenzia il fondo della sezione “Ogni ragionamento valido […] è di un’unica forma generale; e cercando di ridurre ogni azione mentale alle formule dell’inferenza valida, con ciò si cerca di ridurla a un unico tipo”92; si sorvola su paragrafi dal 5.280 a 5.313. 

Il 5313 dà un respiro di umanità al saggio dell’autore americano, che fino ad ora si è esibito in questioni di logica e in paragoni di storia della filosofia, l’ignoranza e l’errore dell’uomo è l’unica istanza entro la quale è possibile distinguersi gli uni dagli altri. 


Questioni concernenti certe pretese facoltà umane, C S Peirce, lezione

Opere di C S Peirce, a cura di M Bonfantini, (saggio col titolo originale Questions concerning certain faculties claimed for man, 1868, Journal of speculative Philosophy, vol 2, pp 103-114) pag 317-332.

Il saggio è formato da sette domande, questioni, alla maniera tipica degli Scolastici di cui Peirce era fine conoscitore.

In Questions concerning certain faculties claimed for man (vedi nota 93), leggiamo il problema, enunciato nel titolo, poi le ragioni a favore della tesi da confutare, quelle a favore della tesi opposta e infine le conclusioni dell’autore, in ultimissima battuta Charles Sanders Peirce informa del fatto che tratterà le conseguenze di alcuni principi che ha spiegato, in relazioni a questioni di realtà, individualità e validità delle leggi della logica. 

Tipograficamente il testo presenta domanda, in grassetto, e subito dopo risposta, e così via.

Gnoseologia non cartesiana: le coscienze

Si legge il testo nell’ipotesi che Peirce abbia volontà “anticartesiane”, intenda cioé smantellare efficacemente la gnoseologia cartesiana.

L’azione destrutturante avviene trattando separatamente gli aspetti cartesiani di intuizionismo, dogmatismo e individualismo; al dettato cartesiano Peirce ha modo di opporre la sua gnoseologia.

Il primo punto diametralmente opposto da Peirce è quello che in Cartesio si chiama “dell’individualità della coscienza”.

Peirce ritiene che la conoscenza si basi sulla comunitàdellecoscienze​; la conoscenza, per Cartesio univoca e certa, è per Peirce e molteplice e ipotetica e probabile.

Le sette questioni in breve

Perciò per Peirce si parla più volentieri di “conoscenze” (al numero plurale); in particolare nel testo, le prime tre questioni​ negano il potere dell’intuizione, la quarta questione​ porta a negare l’assenza della facoltà introspettiva -altro aspetto (insieme anche a quello dell’ “illuminazione” che avviene (nota 94) in sede d’introspezione) che si potrebbe adoperare contro il potere dell’intuizione, nella questione quinta​ si è portati a credere che si possa pensare solo attraverso i segni , con le questioni sesta e settima ​si (nota 95) affermerebbe che non abbiamo nessuna concezione dell’assolutamente inconoscibile, punto della gnoseologia perciana in opposizione al cartesianesimo e su cui Peirce è chiaro, non transiga minimamente 96.

prima questione

“Questione 1, Se per semplice contemplazione di una cognizione[…] possiamo determinare se tale cognizione è stata determinata da una cognizione precedente […]” .

 Il testo della prima questione inizia con una (nota 97)precisazione a proposito del significato che la parola “intuizione” prenderà nel corso della dissertazione; la precisazione riguarda due insiemi di significato, uno più generale riferito col termine di cognizione98 e un’altro, più particolare, inteso col termine di intuizione, colla differenza che un’intuizione non è determinata da da niente di precedente.

Il discorso della prima questio si articola successivamente sulla (nota 99) coscienza che si deve avere dell’intuizione “una cosa è avere un’intuizione, e un’altra è sapere intuitivamente che essa è un’intuizione”.

Peirce riferisce dell’ excursus storico medievale della discussione su quali cognizioni siano intuitive, si raffina sulla considerazione che la ragione (o autorità interna) e l’autorità esterna erano considerate come sorgenti di conoscenza coordinate.

L’excursus molto più ampio di quanto qui riferito è di buon utilizzo per lasciare un’impronta nella discussione, retoricamente, in un inciso, Peirce scrive “proprio come la ragione e l’autorità d’intuizione lo sono ora ” cosa che risulterebbe a supporto (nota 100) della sua opinione in proposito.

Peirce con 5216, conclusa la parentesi storica medievale, menziona della discriminante tra fatti e testimonianze, portando come esempio notevole il caso di una persona che descriva i (nota 101) gesti di un medium o di un prestigiatore, poi, tratta del sogno, per la difficoltà che si avverte nel tentativo di districare le immagini oniriche, frammentarie, e la loro interpretazione.

Il paragrafo 5217 si (nota 102) dilunga sul sogno in maniera singolare per il fatto che a quanto scrive Peirce tutti credono che i sogni siano determinati da cognizioni precedenti, secondo leggi di associazioni di idee e altro e anche perché sembra che da svegli, sia possibile confondere il sogno con la realtà.

Il (nota 103) paragrafo 5218 prende a favore della tesi sostenuta dall’autore, quello che in molti casi un bambino risponderebbe se gli fosse chiesto a proposito della sua madre lingua; quindi- specifica Peirce- sembra che neppure quel bambino possieda la facoltà di distinguere tra un’intuizione e una cognizione-determinata.

L’autore americano accatasta poi a (vedi nota 104 ) proposito di una presunta rivoluzione berkeleyana , intorno alla (nota 105) credenza che la terza dimensione dello spazio fosse intuita immediatamente.

Avevamo contemplato l’oggetto fin dalla stessa creazione dell’uomo, ma questa scoperta non fu fatta finché non si cominciò a ragionarci sopra.

Charles Sanders Peirce

Quello sopracitato è il passo che chiude il paragrafo 5219 e che, interpretato, avvicina l’inizio della questio specialmente l’intenzione filosofica che porta Peirce a sottolineare la differenza tra “cognizioni” e “intuizione”.

In 5220 Peirce interroga direttamente il lettore, “Il lettore sa che[…]?” e di seguito lo guida nell’esperire ciò di cui ha chiesto conto con la domanda diretta.

Con 5221 Peirce tratta della distinzione tra testure di stoffa e su come si riesca a percepirne, in 5222 lo scrittore americano informa su come si riesca a discernere dell’altezza di un suono percepito.

Degli esempi sensisti Peirce conclude, per quanto riguarda la (nota 106) vista, che vi è una parte non esperita che viene ricondotta ad unità dall’intelletto, per ciò che concerne il tatto, la sensazione di discernimento sussume una molteplicità di frammenti di sensazioni, per l’udito che se ne può giudicare solo per comparazione con cognizione precedente e che sicuramente non sarebbe stata possibile descrizione per semplice contemplazione del dato sensoriale.

In 5223 lo scrittore americano propone prima una teoria della bidimensionalità spaziale e poi una del tempo evidentemente – stando a quanto affermato da Peirce stesso esattamente simile (a quella dello spazio) e imperativamente pretesa dai fatti.

Teoria Spazio Tempo

La teoria spaziale in questione è tutta tesa nel dimostrare che non vi sia intuizione dello spazio.

L’esposizione è piuttosto vasta e tratta di come funzioni la vista, l’organo che percepisce la spazialità entro cui il soggetto che esperisce è inserito.

La sussunzione dei punti percepiti a elemento spaziale ampio dovrebbe avvenire, con buona comprensione, attraverso la capacità di ricondurre a ordine, tipica di quando si presentano fenomeni di estrema complessità.

La concezione dell’estensione -spaziale- ridurrebbe i fenomeni ad unità; in questo modo si spiega la genesi della concezione dell’estensione (nota 107). 

Peirce introduce poi la teoria del tempo non solo come elemento imperativamente preteso dai fatti, ma anche ad uso di conferma alla trattazione sulla bidimensionalità spaziale.

Per spiegare la teoria sul tempo, in breve nel testo peirciano, l’autore fa riferimento alla -cognizione- di tempo, dice, “ovviamente impossibile che il corso del tempo sia avvertito in maniera immediata, perché in tal caso in ogni istante dovrebbe esserci un elemento di questa sensazione”.

Sembra qui di riuscire a cogliere veramente cosa intenda Peirce, se vi fosse percezione del tempo in ogni istante, staremmo sempre a pensare al tempo che passa, invece come spiega Questioni concernenti certe facoltà umane-1, non è così.

La spiegazione nel testo del 1868, procede con il ricondurre a frammenti gli istanti che compongono il tempo, istanti abbastanza piccoli da essere privi di durata.

La durata avviene nella somma di tutte le sensazioni elementari; le impressioni di ogni istante sono composte da immagini di senso e di memoria, la loro complessità è riconducibile a semplicità per mezzo della concezione del tempo.

Peirce concede nel (nota109) paragrafo finale di questa prima questione che qualche ipotesi arbitraria (nota 110) può sì spiegare diversamente i fatti di cui ha trattato, ma che tuttavia l’unica teoria che li porta a sostenersi l’uno con l’altro è quella dell’assenza della facoltà intuitiva di distinguere le cognizioni intuitive da quelle mediate. 

Per ipotesi, la struttura della prima questione è tipica della maniera scolastica, a parte della sostanziosa premessa , si ritrova nel testo

  • lo (nota 111) schema con l’enunciazione del problema nel titolo (o domanda iniziale)112 ,
  • l’esposizione delle ragioni a favore e poi di quelle contrarie alla tesi (note 113, 114) da confutare,
  • infine la conclusione dell’autore (nota 115).

La seconda questione titola “Se abbiamo o no un’autocoscienza intuitiva”.

Seconda questione

Nel volgere del secondo paragrafo della questione (il 5226) Peirce riformula la domanda indiretta contenuta nel titolo.

Della riformulazione si tiene presente che l’autocoscienza è considerata “cognizione” e che vi è la possibilità che se ne debba supporre una causa sconosciuta; in caso affermativo bisogna chiedersi se una facoltà intuitiva di autocoscienza sia la più probabile.

Con il paragrafo 5227 si presume l’esistenza di gradi di perfezione della autocoscienza, dalla proposizione peirciana che riguarda l’io dei bambini; Ii paragrafo seguente, il 5227, è interpretato come -di avvicinamento- alla comprensione del successivo 5228, di cui qui ci si vale della conoscenza di altri passi per accomodarne il riferimento a discussione più orecchiabile.

In 5228 Peirce fa riferimento alla capacità spaziale dei bambini o meglio a quella che sembra un’innata capacità a risolvere problemi trigonometrici complessi.

Peirce afferma che non c’è motivo di contestare -la presunzione- che i bambini abbiano una tale capacità di pensiero; l’autore americano continua, con esempi sensisti riferiti a bambini molto piccoli; si apprezzano tentativi di descrizione del periodo di formazione dei bambini.

Peirce produce sul periodo della lallazione, momento della vita in cui si dovrebbero – stando all’abbozzo che trova spazio nella seconda questione- constatare veridicità nella narrazione dei fatti e sperimentare il significato della narrazione, allorquando non coincida con la sua -imperfetta- concezione di nomi comuni di cosa astratti; l’esempio peirciano è quello della stufa.

Esempio della stufa

La stufa, descritta dalla gente intorno, è detta calda; siccome Peirce ha spiegato, la prima associazione che il bambino si è formata della parola calore è quella che perviene dall’associazione con il senso del tatto, il bambino tocca la stufa, per veriticizzare la proposizione pronunciata dalla gente e la testimonianza trova dolorosa conferma (nota 116). 

Il paragrafo sopracitato (5.223) è in effetti rilevante anche nella parte conclusiva, dove si fa cenno all’avvio dell’autocoscienza.

Il motore dell’autocoscienza è comportato dalla testimonianza di cui la sperimentazione ne è la prova e che, conseguentemente, suppone un io.117

L’io supposto nel paragrafo 5233 è ulteriormente specificato con il §5234; la specificazione dell’io deriva dalla supposizione che anche gli altri -della sua comunità- credano in giudizi in cui tutti gli altri non credono; a partire da questa supposizione il bambino aggiunge al suo io una parte “privata”, “valida solo per uno […]” e “fallibile”.

L’apparenza e l’errore sono ciò che distingue (in assoluto e tra loro) i nostri io privati dall’appercezione pura dell’ego assoluto.

Nel proseguio Peirce stringe (nota 118) i cordoni della borsa, tira l’acqua al suo mulino: l’ipotesi che facoltà note conducano all’autoconsapevolezza è infinitamente più verificabile rispetto all’ipotesi che (per l’autoconsapevolezza) esista una facoltà peculiare della mente (l’intuizione). 

A contraddittorio della proposizione di sopraddetta, è che una conclusione sostenuta da molteplici fatti può essere più certa non della somma delle premesse che l’hanno condotta, ma sì di uno di quei fatti singolarmente preso.

Esempio della dozzina di testimoni

Peirce fa l’esempio della dozzina di testimoni di un evento per spiegare dell’attestazione della mente umana sviluppata.

La mente umana sviluppata attesta la sua esistenza da ogni altro fatto, rendendo la sua esistenza più certa nella molteplicità e moltitudine e non nella singolarità del fatto. L’autocoscienza può quindi risultare da inferenza e perciò non c’è alcun bisogno di supporrla innata-intuitiva (nota 119). 

Terza questione

Se abbiamo o no una capacità intuitiva in grado di distinguere fra gli elementi soggettivi di cognizioni di tipo diverso; Peirce infatti esprime dualità dell’elemento della cognizione:.

  • un elemento soggettivo (qualcosa di cui siamo consci “rappresentazione”) e
  • uno oggettivo (l’azione dell’io attraverso cui -un oggetto esterno-viene rappresentato).

Viene detto “oggetto immediato” l’intuizione-dell’elemento-oggettivo da parte della cognizione (vedere testo in lingua originale per dubbia attribuzione di proposizione subordinata relativa nella traduzione italiana: l’oggetto immediato è o la cognizione stessa o l’elemento oggettivo-).

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, in parole povere, non possiamo sapere con quale azione mentale stiamo conoscendo in ogni momento che la mente conosce-allo stesso modo in cui non possiamo continuamente avere concezione del tempo (ved. sopra)-, ma è possibile che dell’azione mentale se ne abbia conoscenza intuitiva e che questa conoscenza accompagni ogni cognizione (come dire che sappiamo come abbiamo ottenuto una conoscenza qualsiasi, per esempio se l’abbiamo ottenuta sognando oppure immaginando o per mezzo di concepimento o per credenza, o altro).

Nel proseguio della terza questione si parla dell’immensa differenza negli oggetti immediati del senso e dell’immaginazione come sufficiente per la distinzione tra le facoltà, lasciando aperta la domanda se abbiamo qualche capacità immediata di distinguere diversi modi di coscienza; in conclusione si afferma, “si può presumere contro una tale ipotesi”, quindi no, non abbiamo la capacità di distinguere diversi modi (nota 120) di coscienza e di nuovo no, non si hanno conoscenze intuitive di coscienza. 

quarta questione per così dire, sull’idealismo

La questione numero quattro titola, Se abbiamo potere di introspezione oppure se tutta la nostra conoscenza del mondo interno derivi dall’osservazione di fatti esterni​; la posizione di Peirce in proposito è già stata esposta nella prima parte di questa sezione degli appunti , sostiene che no, non si ha mai conoscenza del mondo interno e che non si abbia potere-capacità di introspezione, né per percezione diretta del mondo interno, né ad uso di spiegazione di altre capacità (es capacità volitiva); in altri termini la supposizione che abbiamo una capacità introspettiva non serve a spiegare i fatti costitutivi della mente (esempi: la sensazione del colore rosso come sensazione di qualcosa di interno alla mente; l’emozione particolare di un uomo in un particolare momento, per esempio l’ira, l’emozione derivata da un giudizio intellettuale oggettivo, ad esempio la bellezza, senso morale), né per spiegare la capacità per esempio di volizione (la capacità di volizione è definita in quanto distinta dal desiderio, come capacità di concentrare l’attenzione o di astrarre).

In effetti tanto la capacità di vedere -i colori- è inferita dagli oggetti colorati quanto la conoscenza della capacità di astrarre (o di concentrare l’attenzione, volere) può essere inferita da oggetti astratti.

La (nota 122) questione si risolve con la seconda parte del titolo: la nostra conoscenza del mondo interno (da notarsi) avviene per inferenza, da fatti esterni. (nota 123) 

Quinta questione, se possiamo pensare senza segni 

La numerazione progressiva delle questioni appare qui fondamentale per la comprensione, Peirce infatti usa come premessa quanto è stato pacificato nella numero 4.

Per il fatto, si legge, che i soli casi di pensiero conoscibili sono quelli da fatti esterni, “i soli casi di pensiero che possiamo trovare sono quelli di pensiero in segni” (nota 124).

Peirce esclude le possibili obiezioni rilevabili, assumendo l’esempio di un sillogismo incompleto del termine medio.

Le proposizioni che (nota 125) potrebbero sembrare frutto di altro pensiero, sono sempre risolvibili come complessità di pensieri segno.

Nella questione si esamina inoltre a) il fatto che nell’immediato presente non c’è alcun pensiero e b) ulteriormente a proposito dei pensieri segno; le due specificazioni sono conseguenti.

Considerato il tempo come costituito da una successione di attimi infinitamente piccoli, per il fatto che ogni pensiero deve indirizzarsi a (126) un qualche altro pensiero, nel presente immediato non c’è -spazio- per alcun pensiero.

Tutto ciò su cui riflettiamo ha un passato e ogni pensiero deve essere interpretato in un altro pensiero, ovvero ogni pensiero -conclude Peirce – deve necessariamente essere pensiero in segni (127). 

sesta Questione, è possibile segno di inconoscibile?

Nella Questione 6​, si legge titolo “Se un segno possa avere un significato, quando per definizione, esso sia segno di qualcosa di assolutamente inconoscibile”; in breve la risposta è sì, con eccezione dell’assolutamente inconoscibile.

L’assolutamente inconoscibile non è dato nell’esperienza, per tutto il resto la relazione tra essenza e conoscibilità è identitaria. I due termini (essenza e conoscibilità) hanno identità metafisica, sono sinonimi.

Settima questione, esiste una cognizione non determinata?

Con la questione sette​ (“Se ci sia qualche cognizione non determinata da una cognizione precedente”) Peirce ribadisce quanto detto già precedentedentemente nel saggio, No, non è possibile un’intuizione assoluta.

Per la disquisizione si appella all’inammissibilità di ammettere proposizioni che si autocontraddirrebbero fino al paragrafo 5260 compreso, nel § 5261 ripropone un esempio sulla percezione dei colori, da 5262 spiega l’impossibilità di intuizione pura, con (primo) il fatto che è impossibile pensare senza segni, e secondo, perché una cognizione (nota 128) esiste solo in quanto è conosciuta.

 Con il paragrafo 5263 si risponde (nota 129) alla replica della questione che si potrebbe dire, proponga la necessità che debba esserci un primo, che si obbietti quindi ancora una volta che delle intuizioni pure debbano esserci; per spiegare la sua posizione, ancora una volta contraria all’obiezione, usa l’esempio delle linee orizzontali impilate.

Ogni linea orizzontale rappresenta la cognizione determinata dalla linea orizzontale precedente; Charles Sanders Peirce produce poi un’esempio per cui quest’immagine della serie di linee o delle cognizioni è utile (seguendo Peirce si dovrebbe poi immaginare un triangolo che possa essere gradualmente immerso nell’acqua.

Esempio del triangolo immerso nell’acqua

Lo stato del triangolo ancora fuori dall’acqua sarebbe uno stato di cognizione che non determini le cognizioni successive; istanti di cognizione e giudizi avvengono progressivamente con l’affondare del triangolo nel liquido.

Il liquido che sale è l’immagine per l’avanzare del processo cognitivo; si suppone qui che nel momento in cui il triangolo sia completamente immerso il processo cognitivo è terminato e che inizi di nuovo con un altro triangolo asciutto, perciò si sostituisce l’immagine del regresso all’infinito- che porta a supporre che esista almeno una cognizione prima- con quella di blocchi concludibili da sottoporre a processo cognitivo.

Per mezzo di questa proposta teoretica non si ha più bisogno di supporre la necessità di cognizioni originarie -intuizioni assolute, appercezioni-; Charles Sanders Peirce inoltre dice qualcosa sul genere, insomma pensatela come vi pare, ma sembra avvertire che quando lui sostiene ha importanti conseguenze.

Esporrà in seguito a proposito di queste conseguenze, che riguardano e logica e individualità e realtà. 

Con il paragrafo 5263 si risponde (nota 129) alla replica della questione che si potrebbe dire, proponga la necessità che debba esserci un primo, che si obbietti quindi ancora una volta che delle intuizioni pure debbano esserci.

esempio delle linee orizzontali

Per spiegare la sua posizione, ancora una volta contraria all’obiezione, usa l’esempio delle linee orizzontali impilate. Ogni linea orizzontale rappresenta la cognizione determinata dalla linea orizzontale precedente.

Peirce produce poi un’esempio per cui quest’immagine della serie di linee o delle cognizioni è utile (seguendo Peirce si dovrebbe poi immaginare un triangolo che possa essere gradualmente immerso nell’acqua.

Lo stato del triangolo ancora fuori dall’acqua sarebbe uno stato di cognizione che non determini le cognizioni successive, istanti di cognizione e giudizi avvengono progressivamente con l’affondare del triangolo nel liquido.

Il liquido che sale è l’immagine per l’avanzare del processo cognitivo; si suppone qui che nel momento in cui il triangolo sia completamente immerso il processo cognitivo è terminato e che inizi di nuovo con un altro triangolo asciutto, perciò si sostituisce l’immagine del regresso all’infinito- che porta a supporre che esista almeno una cognizione prima- con quella di blocchi concludibili da sottoporre a processo cognitivo.

Per mezzo di questa proposta teoretica non si ha più bisogno di supporre la necessità di cognizioni originarie -intuizioni assolute, appercezioni-.

Peirce inoltre dice qualcosa sul genere, insomma pensatela come vi pare, ma sembra avvertire che quando lui sostiene ha importanti conseguenze; esporrà in seguito a proposito di queste conseguenze, che riguardano e logica e individualità e realtà. 

Guessing inferenza e azione, Charles Sanders Peirce, lezione

Opere Charles Sanders Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il Pensiero Occidentale, giugno 2011, saggio postumo, pubblicato per la prima volta col titolo Guessing nell’aprile-giugno 1929 sulla rivista The Hound and Horn (II volume, pp 267-285), pag 1003 e gg.

Il testo che apre la sezione Metafisica del volume Opere, di Charles Peirce, a cura di M A Bonfantini è dedicato alla ragione abduttiva (o indovinamento) che Peirce considera una tendenza, tipica della nostra natura animale e che è possibile, con lessico peirciano, o perché la terzità codifica direttamente la primità o perché la secondità agisce in maniera non descrittiva.

Ciò che è razionale e non codificato con il linguaggio è istintuale e non descrittivo, in altri termini si parli di “fiuto”; fiuto come quello che porta il protagonista del racconto, Charles Sanders Peirce stesso, a ritrovare il suo orologio, prezioso affidatogli dall’ente per cui lavora; oggetto a cui è affezionatissimo per questione di onore di proprietà affidata.

Il saggio è da notarsi perché, come si legge nell’introduzione al testo del Bonfantini, “la concezione intuizionistica dell’abduzione qui avanzata da Peirce è ovviamente in contraddizione con i suoi saggi anticartesiani”.

Nel proseguire del testo di lezione non si cercherà (nota 130) confronto con l’affermazione del Bonfantini, cosa che richiederebbe la distinzione dei saggi cartesiani e una lettura comparata.

Ancora nell’introduzione a Guessing si trova velata spiegazione del motivo per cui il testo peirciano postumo è pubblicato nella sezione Metafisica, Il fatto che un logico-matematico della forza di Peirce avanzi come un argomento serio il confronto tra due proposizioni palesemente assurde e infondate è un chiaro indizio del suo essere preda della sua passione ideologica per la metafisica.

Ancora in intro, si legge, Le (nota 131) considerazioni metafisiche per giustificare il buon esito della detection sono di spiegazione vaga (“spiegano tutto e nulla”)

Il testo non presenta particolari difficoltà ermeneutiche, basti ricordare con precisione alcuni particolari, di seguito la lista:.

  • l’aneddoto per cui Guessing è noto è preceduto da un lungo preambolo (2 pagine); nel preambolo si trova, in elenco da a a f: a) una proposizione che si può leggere come anticipatrice della falsificabilità della scienza, b) si citano i cartoni Raffaello, c) c’è una parola tedesca che Peirce ritiene piena di significato e appare proposta come risolutiva del discorso, d)si parla della formazione di ipotesi per tirare ad indovinare e per esclusione (–ved. anche Il fissarsi della credenza, parte di testo tralasciata da queste lezioni, sull’approfondimento su Keplero che avrebbe proceduto per esclusione di ipotesi, pag. 358 §5362, 9-13.), e) c’è prezzemolino, alias Darwin, ma per fortuna il caro Charles Sanders Peirce ci risparmia una dissertazione sul caso delle variazioni biologiche, f) si assume una capacità dell’indovinare, come mistero di natura, e una possibilità del fatto che esista intuizione parziale di ciò che passa per le mente di altri (una sorta di risonanza psichica?); 
  • L’anneddoto è teso a mostrare le potenzialità massime dell’indovinare;
  • L’anneddoto è dichiarato come testimonianza di fatto realmente accaduto;
  • L’orologio è il portatile in sostituzione del cronometro da marina. L’orologio è il più affidabile che Peirce potesse trovare, acquistato da Tiffany, 350 dollari, bill al governo americano, Charles Frodsham numerato;
  • Peirce lavorava all’istituto di geodetica della US Coast Survey (ho incrociato le fonti con Nota Bibliografica a cura di Grazia inizio del volume Opere);
  • Peirce possedeva l’orologio da alcuni anni quando successe il fatto;
  • Si stava recando da Boston a New York per una conferenza;
  • Si trovava sul battello della Fall River Line; 
  • A New York esce dalla sua cabina di fretta per aria pesante; prende una carrozza per il luogo della conferenza (Brevoort House).
  • Si accorge di essere senza orologio nel bagno della Brevoort House; torna indietro sulla nave;
  • Oltre all’orologio gli mancano la catena, l’astuccio d’oro con bussola attaccato alla catena, il soprabito. 
  • Deciso fuor di dubbio a recuperare l’orologio 
  • Sul battello fa mettere in fila tutti i camerieri (circa 20).
  • C’è un dialogo tra io 
  • Peirce seleziona un cameriere come colpevole;
  • Discussione privata tra i due in cabina; 
  • Peirce si fa portare di corsa in carrozza da Pinkerton (banco dei pegni)
  • Parla con Mr Bangs; le accuse ricadono su un altro cameriere rispetto a quello che indica Peirce. 
  • Il mattino seguente viene attivata “rete di recupero” con cartoline postali a tutti i banchi dei pegni di New York, Fall River, Boston.
  • Peirce paga la ricompensa, recupera l’orologio, si fa descrivere il ricevente della ricompensa, lo riconosce come il tizio scelto come ladro nella schiera della ventina di camerieri, si fa accompagnare al domicilio del tizio, sulle prime scagionato perché cameriere personale (o ex-cameriere personale) del comandante del battello. 
  • Si reca sulla Sesta Avenue dove ha dimora il tizio chiede al detective suo accompagnatore di agire per suo conto, al rifiuto, gli chiede di attenderlo per dodici minuti (Peirce è intenzionato a recuperare la catena con l’astuccio d’oro per la bussola e il soprabito. 
  • Bussa all’appartamento, apre una donna asiatica e una simile senza cappello. Peirce dichiara di essere lì per recuperare le sue cose, risponde alle proteste delle due donne, e si reca in una altra stanza, dove, individuato un baule, recupera la catenella; attacca la catena all’orologio e nota che la donna senza cappello è scomparsa; Peirce esce dall’appartamento e ne nota uno sullo stesso pianerottolo.
  • Peirce bussa all’altro appartamento e vengono ad aprire due ragazze, (asiatiche?), oltre le quali Peirce vede un salotto con un pianoforte e un pacchetto sul pianoforte: ha trovato il soprabito. 
  • Raggiuge il detective, quindici secondi prima che i dodici minuti scadano.

Si riferisce nel seguito degli articoli degli esperimenti di pressione Jastrow Peirce; in breve:

La pressione esercitata sul dito della cavia variava al pronunciare “cambio” da parte della cavia stessa, all’oscuro di chi esercitava la pressione.

Le variazioni potevano essere in grado maggiore o minore rispetto ad una pressione di mezzo; la casualità dell’evento era assicurata dalla lettura delle uscite di un mazzo di carte ben mescolato e è riportata dalla cavia con la pronuncia di una valutazione compresa tra zero e tre.

Con un risultato di tre su cinque corrette, circa; l’esperimento come dichiarato da Peirce aveva finalità differenti rispetto a quelle per cui è usato come esempio nel testo (NB: le variazioni di pressione sono pressoché impercettibili). 

L’esempio è avvicinato al caso avvenuto sul battello di fronte alla schiera della ventina di camerieri, per spiegare come l’attenzione sul fatto che doveva scegliere qualcuno, portò all’istantanea conoscenza di chi scegliere.

Per il caso della catena e del soprabito, Peirce dice che una parte l’ebbe il fatto che il recupero delle cose sembrava la cosa più facile del mondo e perciò non fece nessuno sforzo o fatica.

Il cambio di atteggiamento della donna rimasta gli diede indizio che il soprabito non si trovava nella stessa stanza e il pacco fu segnale esplicito. 

Quello dell’indovinare è chiamato “singolare istinto” ed è per noi la (nota 132) più elevata delle capacità puramente istintive come il canto e il volo per un uccello.

Nel seguito Peirce introduce il pragmatismo per il quale si possono risalire le sorgenti quanto indietro si voglia nel tempo.

Poi si addentra in una rivisitazione del Metaphisical Club che era solito incontrarsi a volte nel suo studio altre in quello di William james.

E dello scritto redatto sotto il timore che il gruppo dovesse sciogliersi. Nello scritto Peirce raccoglie le opinioni (alcune) che ha più volte esposto sotto il nome di pragmatismo.

Su invito dell’editore Appleton, lo scritto viene pubblicato leggermente accresciuto, sul The Popular Science Monthly, novembre 1877 e gennaio 1878 (Il fissarsi della credenza e Come rendere chiare le nostre idee rispettivamente). 

Lo stesso articolo apparve nella Revue Philosphique l’anno successivo; Peirce dice che a quei tempi (tra il 1777 e il 1779) non osa usare la parola pragmatismo per esprimere un’idea che non fosse il significato acquisito di essa.

E dice che allora non aveva capito una cosa adesso (quando scrive, non si sa, l’anno dopo il 1893 , articolo postumo) ben chiara: la filosofia per assurgere al rango di scienza deve spogliarsi dell’eleganza letteraria (come delle brillanti uniformi soldati), che il filosofo deve essere pronto a coniare termini che significhino i nuovi concetti scientifici, alla stessa maniera dei -confratelli- biologi e chimici.

Che ancora nel tempo in cui scrive una fratellanza tra filosofi e altri studiosi è disprezzata e che ancora nel 1893 gli sembrava prematuro far inserire la parola pragmatism nel Century dictionary.

Questioni di pragmaticismo, Charles Sanders Peirce, lezione

Questioni di Pragmaticismo in Opere di C S Peirce, a cura di M. A. Bonfantini, (saggio col titolo originale Issues of Pragmaticism, 1905-1906, The Monist, pp 481-499) pag. 415-434-

Pragmaticismo è il nome che Peirce dà alla sua dottrina della conoscenza.

Nozioni propedeutiche

Per la conoscenza del saggio vengono spiegate qui in via preliminare alcune nozioni (o fatti) che si dà il caso di conoscere per alleggerire da note la successiva lettura.

Asino di Buridano

L’asino di Buridano è quell’aneddoto che racconta di un asino che trovandosi di fronte a due mucchi di fieno identici, ognuno dei quali con due identiche ciotole per abbeverarsi accanto, rimane inattivo, non sapendo scegliere tra le due dispense e così muore di stento; l’aneddoto si attribuisce a Giovanni Buridano (1328-40 rettore dell’Università di Parigi).

L’altro fatto saliente, riguarda il “suicidio”; oggetto di vasta speculazione da parte della Chiesa cattolica, nel seguito di questo testo vertono su di esso certe considerazioni che è bene enunciare, se pur col beneficio di inventario.

Peirce lo prende ad esempio dicendo a pagina 423, “Prendiamo ad esempio la credenza che il suicidio debba essere considerato come assassinio” e attribuisce ad esso la questione della moralità dell’atto di togliersi la vita. La non-moralità sarebbe apposta alla considerazione speculativa sull’evento.

Peirce ne fornisce una spiegazione di oscura comprensione, “ (…)avendo la necessità di martiri, cioè di testimoni la Chiesa considerò atto di infedeltà abominevole lasciare volontariamente la vita (…)” (sempre a pag. 423).

Per la delicatezza del tema si tralascia nel seguito di provare a fare chiarezza in merito, basti per mia buona coscienza riferire che solo in anni recentissimi la Chiesa Cattolica ha permesso l’ufficio della funzione di culto, l’ingresso del feretro in chiesa e, addirittura sepoltura del suicida in terra consacrata.

Il cambio di tendenza è avvenuto perché si è iniziato a pensare che il suicida possa pentirsi dell’atto di “perdita volontaria della vita” anche sul punto di morire, quando ormai è troppo tardi per invertire -il processo suicida- e che stia quindi a Dio, giudicarne; si continua in merito alle nozioni propedeutiche.

la Scuola scozzese

La Scuola scozzese citata ancora a pagina 423 è quella di Reid, Stewart, J Mackintosh, poi Mansel, Hamilton, J Blattie, T Oswald, A Gerald e prende il nome dal luogo di origine di Reid di cui Stewart fu il continuatore (tra il XVIII e il XIX secolo) vedi nota 133.

Non è chiaro Peirce cosa intenda (se ci sia o meno un collegamento con le distinzioni e attribuzioni morali degli atti con la Scuola scozzese), si può azzardare a proposito del campo di indagine a cui la Scuola scozzese dà contributo considerevole, quello della causa -effetto e si cita in proposito T Brown che nel 1818 pubblica An enquire into the relation of cause and effect (Una discussione nella relazione tra causa ed effetto), ma resta azzardato.

Si fa presente nel novero delle cose da sapere che l’autore del saggio Questioni di Pragmaticismo cita apertamente altri due suoi saggi precedenti di 27 oppure 28 anni (nota 134).

Essi sono (Il fissarsi della credenza e Come rendere chiare le nostre idee) e informa del fatto che già quando scriveva quei -vecchi- saggi avrebbe voluto spiegarsi bene, ma che per timore di non essere compreso e per certezza di non essere accettato, non si spiegò a chiare lettere.

Questo e l’altro della terza serie in studio (Questioni di pragmaticismo, Pragmatismo e adbuzione) sono tra gli ultimi saggi di Peirce, e sembra possibile intravedere che a lui urga “dire tutto”, come se fosse questione testamentaria. 

In visione generale il saggio non è ostico, non è del “genere degli esempi di logica”, come altrove nella sezione di Epistemologia a cui questo saggio appartiene secondo la divisione di M A Bonfantini, anche se effettivamente non prescinde da una descrizione di caratteri e termini logici, in particolare per la definizione di possibile e sue modalità a pag 429.

Alla stessa pagina si annota la parola Segno o Representamen di cui si è trovata validissima spiegazione altrove in Opere .

 Il segno è il (nota 135) pensiero che ha validità ontologica, il representamen è inteso come la parola segnica vuota di significato, presa cioè senza rimando alla cosa che rappresenta, nominalmente.

A pagina 420 del testo, nota 6, specifico che il riferimento dell’autore a esperimenti “On Slight differences of Sensation” non è nuovo.


Note

  • 1, Ndr. Questo testo è stato steso tra il gennaio e il maggio 2017;
  • 2 La serie originale, si intende, quella a cui si perviene con il testo Opere di C. S. Peirce a cura di M. A. Bonfantini p. 1019; la serie 1905-1906 del The Monist, Questioni di pragmaticismo, in Opere pag 419-34, poi Pragmatismo e abduzione del 1903, tradotta dai Collected Papers 5180-212, in Opere alle pagine 439-454, si prosegue con L’architettura delle teorie, The Monist 1891, in Opere alle pagine pag 337-49, La dottrina della necessità sotto esame, The Monist, aprile 1892, in Opere pag. 1077-89;
  •  3 Il De Anima III e gli Analitici primi non sono citati in il Fissarsi della credenza; si avrà modo di approfondire le citazioni perciane nel corso della trattazione, con particolare riferimento alla notazione;
  • 4 Per il testo in inglese https://archive.org/stream/popularsciencemo12newy/popularsciencemo12newy_djvu.txt ;
  • 5 Cfr Ivi p. 357, § 5359;
  • 6 Cfr Ivi p 359 § 5365; 
  • 7Il termine atteggiamento non è di Peirce;
  • 8 Cfr ivi, pag. 360:
  • 9 Cfr ibidem;
  • 10 Cfr ibidem, § 5369, 6;
  • 11 Cfr ibidem, § 5369, 8; 
  • 12 Cfr. ibidem § 5369, 4-5;
  • 13 Cfr ibidem § 5369, 10;
  • 14 Peirce denomina Ricerca la lotta causata da dubbio per conseguire uno stato di credenza;
  • 15 Cfr ivi, pag. 361 § 5373,5-9;
  • 16 La citazione è libera, Cfr ivi pag.362, § 5375;
  • 17 Cfr ibidem, titoletto del paragrafo; 
  • 18 Cfr ivi pag. 363, nota 5;
  • 19 Cfr ibidem, titoletto del paragrafo; 
  • 20 Citazione libera, cfr ivi pag 364 “Ovunque […] del sentimento sociale” § 5379, 27-30;
  • 21 Cfr ivi pag 365 § 5.381, 6-8;
  • 22 Cfr ivi, p 366 §3583, 1; 
  • 23 Cfr ivi pag 367 § 5383, 7-10; 
  • 24 Crf ivi pag 368, § 5383 al fondo, La causa accidentale della mancata diffusione del Cristianesimo tra gli Indù è la loro convinzione dell’immoralità con cui trattiamo le donne;
  • 25 Cfr ibidem § 5384, 22;
  • 26 Cfr ibidem § 5384, 28 e 29;
  • 27 Cfr ivi, pag 371 § 5387,29;
  • 28 Cfr Opere, Bompiani, il Pensiero Occidentale, giugno 2011, p 373 saggio col titolo originale How to make our ideas clear, genn 1878, apparso su The Popular Science Montly (vol 12 pag 286-302);
  • 34 Renato Cartesio (Francia, Indre-et-Loire 31.03.1596 – 11.02.1650 Svezia, Stoccolma);
  • 35 Discorso sul metodo, Discours de la Methode, Leida, 1637;
  • 36 Charles Sanders Peirce si riferisce a Cartesio, ma il primato dell’immagine dell’edificio filosofico e l’Instauratio magna è da attribuire a Francesco Bacone (Londra / 22.1.1561 – 9.04.1626) apparsa per la prima volta su Novum Organum del 1620, diciassette anni prima dell’opera di Cartesio citata indirettamente da Peirce (vedi anche nota precedente);
  • 37Cfr Opere, Charles Sanders Peirce, Bompiani, Il pensiero occidentale, giugno 2011, a cura di M Bonfantini, Come rendere chiare le nostre idee, (saggio col titolo originale How to make our ideas clear, The popular science monthly, vol 12, genn 1878), pag 378 § 5391, 6 e ibidem nota 1, Il rimando è esplicito “Come ho sostenuto nel mio precedente articolo”, Peirce si riferisce a il Fissarsi della credenza; 
  • 38 Cfr ivi pag 363 e gg, spec. §§ 5378- 5383;
  • 39 Cfr ivi pag 378, § 5392, 2, 8;
  • 40 Cfr ivi pag 379, In francese nel testo (bijou);
  • 41 Cfr ibidem, alla fine del primo paragrafo; lo “scrigno” compare anche a pag 1086 §660;
  • 42 “[…] perché ognuno si presume già abbastanza competente nell’arte di ragionare”, Cfr Opere, Bompiani, il Pensiero Occidentale, giugno 2011, p 354 saggio col titolo originale The Fixation of Belief, nov 1877, apparso su The Popular Science Montly (vol 12 pag 1-15), pag 357, § 5358;
  • 43 Il saggio è di quattordici anni posteriore alla serie pubblicata su The popular Science Monthly, cfr Opere C. S. Peirce, Bompiani, Il pensiero occidentale, Milano, giugno 2011, La dottrina delle necessità sotto esame (col titolo originale The doctrine of Necessity Examined, 1892, The Monist vol 2, pp 321-337), pagg 1077 e 1078 § 636, 18-21 e § 637, 4-6
  • 44 Cfr Opere, Charles Sanders Peirce, Bompiani, Il pensiero occidentale, Milano, giugno 2011, a cura di M Bonfantini, Come rendere chiare le nostre idee, (saggio col titolo originale How to make our ideas clear, The popular science monthly, vol 12, genn 1878), pag 380 § 5394, 24-28 (verso la metà);
  •  45 Cfr Opere, Charles Sanders Peirce, Bompiani, Il pensiero occidentale, Milano, giugno 2011, a cura di M Bonfantini, La dottrina delle necessità sotto esame, (saggio col titolo originale The Doctrine of Necessity Examined, aprile 1892, The Monist vol 2, pp 321-337) pag 1087 § 6,61, 14-17;
  • 46 Nota di comprensione (Ndr), Peirce rifugge dall’idealismo berkleyiano, crede nell’esistenza del noumeno kantiano, tuttavia si orienta verso una teoria più moderata sul reale delle cose in sé- chiamata idealismo oggettivo; 
  • 47 Cfr ibidem § 6,57 e gg; 
  • 48 Cfr. Opere, Charles Sanders Peirce, Bompiani, Il pensiero occidentale, Milano, giugno 2011, a cura di M. Bonfantini, Questioni concernenti certe facoltà umane (saggio col titolo originale Questions concerning certain faculties claimed for man, 1868, Journal of speculative Philosophy vol 2 pp 103-114) pag 320-1, §§ 5220-5222
  • 49 Ndr, Nella dottrina di Peirce, ciò che porta ad agire in un determinato modo date certe circostanze è, più propriamente, chiamato Abito, mentre la sintesi verbale di esso è chiamata principio-guida;
  •  50 Cfr Opere, Charles Sanders Peirce, Bompiani, Il pensiero occidentale, Milano, giugno 2011, a cura di M Bonfantini, Come rendere chiare le nostre idee, (saggio col titolo originale How to make our ideas clear, The popular science monthly, vol 12, genn 1878), pag. 381 § 5394;
  • 51 Cfr. ibidem §§ 5. 395-6; 
  • 52 Cfr ivi, p. 382 5.397, 8-10 : “[…] la credenza nel medesimo tempo in cui è punto di arrivo è anche un nuovo punto di partenza per il pensiero, per questo mi sono permesso di chiamarla pensiero a riposo benché il pensiero sia essenzialmente un’azione”;
  • 53 Cfr ivi, pag 384; 
  • 54 Cfr ibidem, § 5402;
  • 55 Cfr pag 446;
  • 56 Cfr ivi, pag 389 §5405 in fondo; 
  • 57 Cfr ivi, pag 391 § 5408, 11-14;
  • 58, Cfr ivi, pag 393;
  • 59 Cfr ibidem;
  • 60 Cfr Opere, C. S. Peirce a cura di M. Bonfantini, Bompiani, Il pensiero Occidentale, Milano, giugno2011 (col titolo originale The Doctrine of Chances, marzo 1878, The Popular Science Monthly vol. 12, pp. 604-15) p. 1025 e anche ibidem nota 2;
  • 61 Cfr ivi p. 1026 e nota 4; 
  • 62 Cfr ivi p. 1033 al fondo;
  • 63 Cfr Opere, C S Peirce a cura di M Bonfantini, Bompiani, Il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011 La dottrina delle probabilità (col titolo originale The Doctrine of Chances, marzo 1878, The Popular Science Monthly vol 12, pp 604-15) pag 1023 ;
  • 64 Cfr ibidem, da § 2646,14 in poi;
  • 65 Lo stesso esempio è più avanti chiamato l’esempio dell’uomo e dei due mazzi di carte;
  • 66Cfr ivi, pag 1028 § 2.653;
  • 67 Cfr ivi, pag 1029 § 2654,8-9; 
  • 68 Cfr ibidem comma 34-39; 
  • 69 Cfr ivi, pag. 1030 § 2654,42-43;
  • 70 Citazione libera, cfr ivi, pag. 1033 ultime righe, il saggio seguente è Probabilità dell’induzione;
  • 71 Cfr Opere, C S Peirce, a cura di M Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale The Order of Nature, giugno 1878, The Popular Science Monthly, vol 13, pp 203-17), pag 1061 § 6410, 1-2;
  • 72 Cfr ivi, pag. 1066, §6421, 9-10; 
  • 73 Cfr ivi, pag. 1067, § 6423 e gg; 
  • 74 Cfr ibidem, § 6426, 1-2; 
  • 75 Cfr ivi, pag. 1067 §6426, 3-4;
  • 76 Cfr ivi, pag. 1068 § 6427, 15-fine;
  • 77 Cfr Opere, C S Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale Some Consequences of Four Incapacities, Journal of Speculative Philosophy, 1868 vol 2 pp 140-57) pag 81 § 5264,1;
  • 78 Cfr. ibidem, § 5264, 4-15; 
  • 79 Cfr ibidem e gg;
  • 80 Vedi Introduzione, pag 2;
  • 81 Cfr Opere, C. S. Peirce, a cura di M. A. Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale Some Consequences of Four Incapacities, Journal of Speculative Philosophy, 1868 vol 2 pp.140-57), pag 83;
  • 82 Cfr. ibidem § 5.266, 1-3;
  • 83 Vedere più avanti nel testo; 
  • 84 Cfr Opere, C S Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale Some Consequences of Four Incapacities, Journal of Speculative Philosophy, 1868 vol 2 pp 140-57), pag 84;
  • 85 L’esempio della catena produttiva (o degli ingranaggi, come sopra) non è originale di Peirce, è ad uso del lettore di queste lezioni
  • 86 Cfr Opere, C S Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale Some Consequences of Four Incapacities, Journal of Speculative Philosophy, 1868 vol 2 pp 140-57), pag. 84 §5269, 1-3; 
  • 87 Cfr ibidem, §5269, 10, 11; 
  • 88 Cfr Introduzione a queste lezioni, A proposito del titolo del saggio;
  • 89 Cfr Opere, C S Peirce, a cura di M A Bonfantini, Bompiani, il pensiero Occidentale, Milano, giugno 2011, (saggio col titolo originale Some Consequences of Four Incapacities, Journal of Speculative Philosophy, 1868 vol 2 pp 140-57), pag 84, §5270 si rimanda alla lettura dell’intero paragrafo per recuperare l’ampollosità peirciana; 
  • 90 Cfr ivi, pag 85 § 5271, 13-21: Si comprende che il sanguinamento, di cui si parla nell’esempio, e che parrebbe curare il colera (dato il singolo caso studiato) non è cura da ritenersi efficace; si sottolinea accento ironico, pirandelliano;
  • 91 Crf ivi pag 86 § 5274 per intero;
  • 92 Cfr. ivi, pag 90 § 5279 verso la fine;
  • 93 Cfr Opere di C S Peirce, a cura di M.Bonfantini, (saggio col titolo originale Questions concerning certain faculties claimed for man, 1868, Journal of speculative Philosophy, vol 2, pp 103-114) pag 318, nota 2, leggendo la nota sembrerebbe che l’autore abbia in mente un quadro preciso della fil. medievale;
  • 94Cfr Il fissarsi della credenza, pag 357 § 5360, 7-9;
  • 95 Cfr Pensiero-segno-uomo, pag 93 § 5286;
  • 96 Cfr Pensier-segno-uomo, pag 106-108 e anche pag 78, 1-16;
  • 97 Cfr Questioni concernenti certe facoltà umane, Opere di Charles Sanders Peirce, a cura di M.Bonfantini, (saggio col titolo originale Questions concerning certain faculties claimed for man, 1868, Journal of speculative Philosophy, vol 2, pp 103-114) pag 317; 
  • 98 Cfr. ibidem, § 5.312, esistono diverse specie di cognizione. Le cognizioni comprendono anche le intuizioni; 
  • 99 Una cognizione determinata direttamente dall’oggetto trascendentale si chiama intuizione nel testo;
  • 100-ora- della proposizione virgolettata si può intendere come nel periodo storico in cui scrive l’autore o ora inteso come qui, nel testo che sta scrivendo;
  • 101 Cfr pag 319 §5216,1-2; 
  • 102 Cfr pag. 319 §5216, ultimo capoverso; 
  • 103 Cfr pag 320 §5217,5-6;
  • 104 Cfr. ibidem, §5218;
  • 105 George Berkley (Kilkenny 12 marzo 1685- 14 gennaio 1753 Oxford); 
  • 106 Vedi questo stesso testo di appunti al capitolo Come rendere chiare le nostre idee;
  • 107 Cfr pag 322 §5223, 48-53;
  • 108 In questa parte della prima questione si trova una nota molto articolata a riguardo della krv, Immanuel Kant, in cui Peirce prende le distanze dall’esposizione del filosofo di Königsberg;
  • 109 Cfr ibidem §5223, 63-71; 
  • 110 Cfr ivi § 5224 si intende;
  • 111 Cfr ivi §§ 5213-15,13;
  • 112 vedi nota 97 questo testo
  • 113 Cfr Questioni concernenti certe pretese facoltà umane, §§ 5215, 14-20 fino al §5219 gli uomini del tempo, testimoni, sogni, bambino, di Berkeley; 
  • 114 Cfr. ivi §§ 5220-5.223; 
  • 115 Cfr. ivi § 5224, il paragrafo contiene anche rimandi al proseguio dell’articolo e a quello di successiva pubblicazione (vedi anche p 323, nota 7);
  • 116 Cfr Questioni concernenti certe pretese facoltà umane pag 325 § 5233,1-9;
  • 117 Cfr. ivi §5.233, 10-12 l’io serve come cosa a cui attribuire l’ignoranza che si aveva precedentemente alla prova e forse anche all’ignoranza ipotizzabile per ciascuna altra cosa che si ha intorno; 
  • 118 Cfr ibidem § 5235;
  • 119 Cfr ivi pag 326 § 5237; 
  • 120 Cfr ivi pag 327 § 5234, 2; 
  • 121 Cfr la lezione su Pensiero-segno-uomo ;
  • 122 Cfr Questioni concernenti certe pretese facoltà umane, pag 328 § 5248,4-6;
  • 123 Cfr ivi pag 329 §5249, 2,3 Perice usa termine “questioni psicologiche” anziché mondo interno;
  • 124 Cfr ibidem § 5251, 1,2 inoltre § 5251, 3-5;
  • 125 Nell’esempio peirciano “Aristotele è un uomo, dunque è fallibile”;
  • 126 Cfr ibidem § 5251 “ma Achille raggiungerà la tartaruga?”; 
  • 127 Cfr ibidem § 5253,10;
  • 128 Nel testo della questione Peirce espone in termini di “relazioni” cfr ivi pag 331, §5262, 5-6;
  • 129 Si potrebbe dire nei termini della questione precedente (la numero 6) che essere e conoscibilità sono identitari, cfr ivi pag 331 §5262, 10 inoltre ivi pag 330 § 5257,13-14;
  • 130 Cfr Guessing in Opere, pag 1002, 13 e gg;
  • 131 Cfr ibidem altra comma;
  • 132 Cfr pag 1012 §746,3-4;
  • 133 Le informazioni sono confrontabili su manuali di filosofia;
  • 134 Cfr Questioni di Pragmaticismo in Opere di C. S. Peirce, a cura di M A Bonfantini, (saggio col titolo originale Issues of Pragmaticism, 1905-1906, The Monist, pp 481-499) pag 421, §5442;
  • 135 Cfr Opere di C S Peirce, a cura di M. A. Bonfantini, (saggio col titolo originale Issues of Pragmaticism, 1905-1906, The Monist, pp 481-499) pag 1275;
  • .

Articolo in aggiornamento.


di Elettra Nicodemi

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