Storia dell'Arte

Michelangelo Buonarroti, Firenze-Roma: andata e ritorno

Michelangelo Buonarroti, carboncino realizzato nelle stanza segreta in Firenze, 1529 circa

La tecnica dell’affresco vuole che il dipinto sia realizzato direttamente sul muro intonacato.

Affinché i colori si leghino con l’intonaco, i dipinti devono essere realizzati a malta fresca, ciò significa che lo strato di rivestimento che si applica sui mattoni deve essere stato appena apposto, mentre il dipinto deve essere realizzato in uno spazio di tempo abbastanza breve perché la mistura di sabbia e il legante spatolato sulla muratura resti abbastanza umido da mescolarsi con il colore.

La tecnica pittorica è stata affinata nel tempo. Inizialmente si dipingeva direttamente sulla parete fresca, per così dire a mano libera, poi nel corso del quattrocento si è preso a disegnare su dei fogli di cartone delle bozze da trasferire sull’intonaco con lo “spolvero” oppure con la “incisione diretta” che richiede ancora maggior rapidità rispetto all’altra.

In altri termini la tecnica dell’affresco si è dotata di un’altra o se vogliamo di altre due tecniche preparatorie che prevedono la realizzazione preliminare su cartoni.

I cartoni preparatori – qualora siano sopravvissuti- sono per gli storici dell’arte fonte di grande curiosità e interesse, per dir così di grande gioia, oltreché naturalmente di grande valore, come si può ben immaginare.

Elettra Nicodemi
Michelangelo Buonarrotti, Volta della Cappella Sistina, particolare
Michelangelo Buonarroti, La creazione di Adamo, Città Stato del Vaticano, Particolare della volta della Cappella Sistina, tra il 1508 e il 1512

Volendo scendere ulteriormente nei particolari della realizzazione della tecnica dell’affresco -per chiunque fosse abbastanza curioso-
si applicano tre differenti strati alla parete adibita all’affresco, uno più granuloso -steso direttamente sul muro-, un’altro detto “arriccio” già buono per tracciare – con carboncino – il disegno, poi il terzo, molto più fine su cui si applicano rapidamente i pigmenti. Il disegno è da completarsi fino nei minimi particolari in giornata, tempo di asciugatura di un pezzo affrescato.

Sulla realizzazione dei colori c’è abbastanza da dire, tanto che si potrebbe approfondire a piacimento, in ogni caso è bene tenere presente che la loro realizzazione a mano si faceva pestando opportune pietre e mescolandovi certe quantità di legante, come ad esempio la cera.

Se parlare del fatto che si possono riconoscere i colori per ognuno degli artisti studiati è forse eccessivo, non si esagera nel considerare che artisti tra di loro contemporanei usano colori diversi a seconda dell’ambito regionale da cui provengono.

Generalizzando vi è una tradizione insomma nella realizzazione dei pigmenti non solo materiale, ma anche visiva, di gusto.

Volta della Sistina, Michelangelo Buonarroti
Michelangelo Buonarroti, Dipinti della volta, affresco, 1508-1512, Città Stato del Vaticano, Cappella Sistina

La volta della cappella Sistina è realizzata partendo dalla porta d’ingresso andando verso l’altare.

Per la prima metà con la tecnica dell’affresco a spolvero, a eccezione di un paio di personaggi, mentre nella seconda parte Michelangelo usa la “incisione”.

Le scene centrali – del Giudizio Universale– sono da considerarsi autonomamente, per il fatto che lì compaiono entrambe le sotto-tecniche.

Purtroppo non uno dei cartoni preparatori è rimasto fino a noi, né della prima parte per la quale si provvide a una prima inaugurazione per la festa dell’Assunta il 15 agosto del 1511, né della successiva.

La cappella Sistina fu inaugurata per intero nel 1512 nel giorno di Ognissanti, il 1° di novembre.

Chiamato in Roma da Giulio ii della Rovere, Michelangelo Buonarroti (Caprese Michelangelo (Arezzo) 6 marzo 1475- 18 febbraio 1564 Roma) aveva iniziato la commissione della volta della Sistina nel 1508.

In quel periodo il papa eletto nel 1503, attraverso la sua volontà di mettere la sede del papato in una posizione di forte egemonia non solo politica, ma anche culturale, sta riuscendo a sottrarre a Firenze il primato di guida culturale.

Michelangelo è dunque per la seconda volta in Roma per Giulio ii, ovvero per la realizzazione della Sistina.

Michelangelo Buonarroti, La sacra famiglia del Tondo Doni
Michelangelo Buonarroti, Tondo Doni, Firenze, 1504-1506, Firenze, Gallerie degli Uffizi

Precedentemente era stato a Roma per circa cinque anni, a partire dai 21 anni (nel 1496) per commissione di Alessandro vi Borgia.

A quel primo periodo risale la Pietà firmata sul petto, conservata in Vaticano e dalla controversa iconografia considerando la notevole giovinezza della madre di Gesù.

Il David è una commissione accettata nel 1501, risale dunque al primo rientro a Firenze, quando Michelangelo reso celebre dalle opere romane, è conteso a destra e a manca.

A quello stesso periodo -il secondo Firenze– risale anche il Tondo Doni, composizione su supporto circolare, realizzato per Maddalena e Agnolo.

Raffigura, partendo da destra, il San Giovannino, in primo piano la Sacra Famiglia e sul fondo dei nudi.

Il San Giovannino discosto sulla destra è affacciato da un parapetto e di solito è chiave di lettura della composizione, il Battista è infatti interpretabile come collegamento tra la tradizione cristiana in primo piano e quella pagana simboleggiata dai nudi sul fondo; lui appartiene all’umanità precedente alla nascita di Cristo, in una divisione ideale tra coloro che sono nati prima e dopo la Rivelazione.

Datato 1504/1506 il Tondo Doni ha la cornice originale probabilmente disegnata da Michelangelo stesso.

Video report presso Museo Carmi

La Toscana di Michelangelo

Articolo in aggiornamento.

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