Romanticismo dall’Estetica del Settecento a nuove tendenze
Concetti fondamentali
Con Romanticismo tradizionalmente si intende la tendenza artistico-culturale che ha origini nel tardo Settecento e ha maturazione nel primo Ottocento, fin verso la metà del secolo.
Gli artisti dipingono attingendo dalle fonti pittoriche (arcaiche o gotiche o preraffaellite o barocche o …) a seconda della forma che sul momento pare loro la più opportuna.
Il genio

Il soggettivismo romantico rispecchia non solo una fuga dalla realtà presente, gravata dall’imminenza di un cataclisma, ma anche una fuga dal futuro, una ricerca di luogo utopico.
Tipica del Romanticismo, la concezione del genio, da cui è frutto l’arte.
Il genio è mediatore tra l’infinito e il mondo; l’infinito a cui l’uomo per lo più soggiace, che è incomprensibile e inesprimibile con la logica concettuale né, in generale, con la razionalità.
Piuttosto può essere trasmesso percorrendosi liberamente.
La morte
Con il Romanticismo la morte rientra nella vita degli uomini.
Durante il periodo Illuminista era stata “bandita”, esclusa, emarginata dalla società, si doveva evitare di pensarla e persino i cimiteri erano costruiti all’esterno delle città.
Ora con la tendenza romantica, si adorano i sentimenti e la tristezza è uno dei lati dell’uomo, di nuovo tridimensionale, erroneo.
Finalmente gli è di nuovo permesso provare dolore, paura, suggestione, speranza, fiducia, smarrimento, perdita.
I termini storici del Romanticismo sono labilmente compresi tra la caduta dell’impero napoleonico e la metà dell’Ottocento.
Elettra Nicodemi

Ambiti intermedi, il caso italiano
Il Italia, il Romanticismo in pittura si studia per lo più per autori esteri, le teorie rinascimentali e la tradizione classica impediscono al romanticismo di attecchire, si parla piuttosto di ambiti intermedi tra Neoclassicismo e Romanticismo, cioè tra le due pressoché contemporanee correnti, originate dagli ideali estetici settecenteschi.
Il video editoriale
Joseph M. William Turner (1775-1829) è il pittore romantico più noto della Gran Bretagna, la biografia e considerazioni sulla sua pittura, poi l’arte romantica che non si apprende attraverso lo studio ma è frutto di qualità personali e sensibilità, infine “il genio” è una delle tematiche più interessanti della corrente artistica.
L’approfondimento sul Romanticismo riservato al contenuto video tratta di questo e delle tecniche pittoriche che propongono soluzioni rivolte all’Impressionismo un riferimento particolare va alla Scuola di Barbizon.
L’impatto del Romanticismo
Per quanto riguarda l’impatto del Romanticismo nel corso della storia a lui contemporanea e subito seguente, la sua portata è senza dubbi sottovalutata.
Di solito si tende a considerare la vastità del movimento artistico romantico in rapporto alla sua espansione geografica.
Il fatto che il Romanticismo si espanse in tutta Europa è insomma una cosa ben nota anche a chi ne mastica poche nozioni, infatti nei riassunti e nelle spiegazioni didascaliche questo fatto per così dire territoriale è sempre sottolineato, mi piacerebbe riflettere in maniera ampia su questa cosa nota, quindi cercando di saltare al di là della staccionata che questo fatto delinea, ossia cerchiamo di ragionare oltre alla questione cui banalmente si è portati a pensare nel momento in cui si parla di “portata europea del Romanticismo”.
Non si tratta solo del fatto che sia facile trovare opere romantiche in tutte gli angoli d’Europa (con l’eccezione del caso italiano come accennato in precedenza).
Piuttosto si tratta di un modo di vedere che si è espanso dappertutto nel vecchio continente, si tratta di un sentimento che ha trovato terreno fertile in modo trasversale rispetto alle culture che ancora a quell’epoca componevano l’idea di Europa, come pezzi di stoffa una coperta patchwork.
Il romanticismo dà una prima unità all’Europa, una unità che non aveva in precedenza e che non avrà ancora per molto, almeno fino a che le distanze non si accorceranno sensibilmente grazie ai voli low-cost del terzo millennio o meglio fino a che nella seconda metà del xx secolo, non si è iniziato a parlare sfacciatamente di europa, liberamente, costruttivamente, in modo responsabile e in maniera del tutto sensata.
Nel secondo novecento quando il Romanticismo era già superato da un secolo non si è fatto altro che togliere barriere e creare collegamenti, unioni su unioni per fondere una unione; si sono addossate unioni monetarie, procedurali, legate alla sicurezza sul lavoro, parametri simili sulla qualità del cibo, del soggiornare, dell’insegnamento, si è cercato di copiare un con l’altro le politiche di welfare e le nuove tendenze della pedagogia, si è cercato di togliere dazi e unire la tecnologia oltreché la tecnica e le menti, si è provato a fare uno spazio aperto e liberamente circolabile.
Questo è stato possibile nel secondo dopoguerra e alla fine della Guerra Fredda quando tutti eravamo uniti prima dalle terribili tragedie del conflitto mondiale o dei conflitti mondiali -il riferimento va agli studi storiografici che vedono la seconda guerra mondiale come un prolungamento della prima- anche se forse sarebbe meglio dire uniti dalla volontà di superamento di quelle tragedie e anche dal sentirsi uniti in quanto sicuramente differenti rispetto al modo di pensare e di agire che aveva portato gli schieramenti europei sui campi di battaglia in nome dell’unità o di qualcosa di incomprensibile.
Il pensiero va poi al periodo di grossa spinta tecnologica, al mescolarsi delle culture alle nuove aperture che i collegamenti aerei, ma anche virtuali hanno portato con loro con il denominatore comune della velocità nel mettere in contatto persone così distanti tra loro.
Persone che poi in realtà portano con sé altre persone, poi luoghi, oggetti, in generale sono detentrici di una cultura che era fino al momento precedente legata a dei canoni a delle forme e che erano pronte a cambiare nella sostanza, a poco a poco, sempre molto più velocemente che nel secolo passato e in tutti i secoli precedenti, erano pronte quelle persone a mescolarsi e a trovare una nuova spiegazione al motivo per cui passiamo sotto uno spicchio di cielo.
All’epoca del romanticismo gli uomini si erano ormai del tutto lasciati alle spalle il concetto di onore, l’idea legata al sangue blu (o sangue reale), si erano completamente liberati dalle paure che i potenti incutevano attraverso manifestazioni di prestigio e le pretese di superiorità legate alla nascita erano diventate più che vane, erano ormai vere e proprie sciocchezze che appartenevano al secolo precedente o meglio a “secoli fa” a un passato remotissimo da non prendere più nemmeno in considerazione, del tutto superato, andato, consumato, finito, incenerito come polvere del tempo.
Eppure non erano passati molti anni da quando la Rivoluzione scuoteva gli animi e i quadri sociali.
Ma la Rivoluzione era stata come in uno spartito la stanghetta di fine, così andando a capo, la musica era tutt’altra, il pentagramma aveva una altra chiave, un altro tempo altre indicazioni sui mezzi toni, persino il ritmo sarebbe stato diverso, ma questo ancora non potevano saperlo.
Al tempo del Romanticismo a inizio Ottocento si iniziava a pensare a una società che poteva essere fatta dagli uomini e non da vecchi accordi da rispettare, che era fatta dagli affari, che si sarebbe basata sull’economia del libero scambio, sull’onestà e sulla valorizzazione dell’impresa e del lavoro personale, eravamo ancora lontani dalle grosse teorizzazioni totalitarie che ahinoi si sarebbero affacciate di lì a poco alla filosofia.
A quell’epoca, quando gli artisti erano romantici, non si poteva menar tanto per il naso con pretese di comandare, si sarebbe arrivati all’abolizione della schiavitù nella maggioranza del mondo e le conseguenze della Guerra di indipendenza americana stavano facendo il loro corso, alla grande, in America, e l’Europa ma in particolare la Francia, come troppo spesso è dimenticato, ebbe un ruolo da regista, per quanto riguarda l’opinione pubblica sulle idee della rivoluzione d’oltreoceano.
Tra il 1775 e il 1785 fiorivano pamphlet e si discuteva sulla legittimità, si parlava di Thomas Jefferson, John Adams, di Franklin.
La Costituzione Americana non fu un’impresa facile, i fondatori degli Stati Uniti d’America si ispirarono alla filosofia dei lumi a Montesquieu e lo Spirito delle leggi era il testo più citato nei dibattiti che animarono la stesura della Costituzione americana.
John Jay, Alexander Hamilton, Thomas Jefferson il quale stese buona parte della Costituzione americana, poi John Adams e James Madison che teorizzarono la struttura della Repubblica Federativa come lo strumento migliore per il loro paese e la separazione dei tre poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) che ancora una volta era stata cullata dalla filosofia francese, di nuovo da Montesquieu li rese consapevoli che stavano fondando una nazione e che loro sarebbero stati in grado di non farla collassare nella tirannia e nell’anarchia, mantenendo al primo posto la libertà delle colonie americane, la libertà delle persone, la libertà dai grovigli europei, la libertà di culto -di ispirazione questa volta lockiana-, nella piena legalità portata avanti dalla giusta idea di stampo prettamente puritano che i veri ribelli non sono coloro che si oppongono al potere, ma sono i legislatori che agiscono in modo contrario al fine in vista del quale sono stati istituiti e che gli uomini sono uomini non servi.
All’epoca in cui il Romanticismo gonfiava le vele dell’Europa, gli uomini ormai vedevano in faccia la morte e l’arte era libera.
Gli uomini di inizio Ottocento in Europa, capitolata l’esperienza della monarchia francese e superato brillantemente il periodo del Terrore, si sentivano dotati della loro ragione da usare pubblicamente e da condividere con altri.
Si sentivano finalmente umani dopo essersi liberati dal giogo del pensiero servile che la monarchia portava con sé.
L’arte non era più in balia del mecenatismo e così l’artista era pienamente libero di tenere i piedi a terra e riscoprirsi parte della natura, natura dalla quale era attratto e allo stesso tempo impaurito, per la quale iniziava a sentire un nuovo bisogno di descrizione, riproducendola.
La natura è a fianco delle città, come in un tramonto londinese di William Turner.
Così come vediamo una nuova, forse più serena, concezione della morte come parte della vita, come cosa naturale e perciò rappresentabile, raffigurabile.
Si dà all’epoca dei Romantici in cui l’uomo era uomo anche da morto, era uomo da ubriaco come da sonnambulo, era uomo nel sonno e nella veglia una nuova importanza alle manifestazioni mentali quali il sogno ed è in quel periodo che l’inconscio nella rappresentazione figurativa inizia ad avere una sua autonomia e legittimità.
Si può provare paura, tristezza, si può essere fragili con il Romanticismo.
Era tempo di giustificare le proprie speranze e di attuare il proprio destino e di iniziare a parlare di umanità in termini di tutela di questo concetto.
Il messaggio del Romanticismo
I pittori così come i letterati romantici portarono avanti un messaggio che fino ad allora non era mai stato delineato con precisione e che non era a quel tempo banale.
L’unicità romantica
Pensavano, scrivevano, predicavano che c’è una unicità di cui le persone sono latrici.
Parlavano prepotentemente della genialità, del fatto che alcuni individui sono più capaci di altri di entrare in contatto con la complessità della natura e loro sono in grado di spiegarci qualcosa in merito a tante domande che è lecito farsi, perché mettono in rapporto col mondo e relativizzano rispetto alla totalità quindi sono salvifiche.
Questa unicità romantica non è ancora consapevolmente una caratteristica che riguarda ognuno di noi seppur in gradazioni diverse, come sarà evidente nel secolo successivo.
Si parla piuttosto, all’epoca del Romanticismo, del soggetto che ne è portatore al massimo grado e che vibra come il fulmine tra terrà e il cielo, si parla del genio, perché il genio quale icona della natura umana tiene in sé tutte le altre umanità, perciò il genio scaccia il vecchio pensiero della superstizione, il vecchio pensiero della diversità, il sordo rimuginare sul divino.
Consegue al Romanticismo
La produzione romantica ottocentesca è una delle più meravigliose manifestazioni di una “forma mentale” che accompagna l’umanità con maggior o minor latenza e che lascerà le consegne al Simbolismo e ai Preraffaelliti che, seppur siano per alcuni aspetti affini al simbolismo, sonoun gruppo del tutto assestante, e perfettamente inserito nella visione tardo romantica.
Negli anni novanta dell’Ottocento fervida l’attività culturale della cosiddetta Roma bizantina il gruppo di artisti che gravità a Roma nell’ambiente dannunziano decadentista, così come si citano i neopompeiani, afferenti al grande crogiuolo romano.
Cito in questa sezione inoltre un pittore che io ammiro moltissimo: Giulio Aristide Sartorio, pittore, scultore, scrittore e regista cinematografico italiano, nato e scomparso a Roma (1860-1932); lui grande interprete della cultura del suo tempo viaggia per conoscere direttamente i Preraffaelliti, una confraternita di pittori fondata nel settembre del 1848.
Giulio Aristide Sartorio è in realtà molto famoso o almeno dovrebbe esserlo, vediamo perché nel seguito dell’articolo.
Simbolismo

Il simbolismo nasce ufficialmente a Parigi con il manifesto del 1886 scritto dal poeta Jean Moréas.
Il movimento si sviluppò, oltre che nelle arti figurative, nella letteratura e nella musica.
In letteratura il simbolismo si sviluppa specialmente in poesia.
Ha come principio unico che il poeta deve trasmettere impressioni vaghe e personalissime.
La corrente simbolista appartiene al XIX secolo, sarà amatissima nel corso del XX.
Periodo quello del XX secolo in cui gli artisti tengono presente un buon principio di massima: la mia arte è quello che vedo, passato attraverso la mia soggettività.
La pittura simbolista è intimamamente connessa all’onirico, le altre derivazioni hanno declinazioni diverse.
Odilon Redon
Odilon Redon (FR/ 1840-1916) fu in contatto con Gustave Moreau (FR, Parigi/1826-1898) a Parigi nel 1864.
In quel periodo, già vicino alle tematiche simboliste, insieme al poeta parigino arrivò alla conclusione che la vera dimensione della pittura è il sogno.
La pittura di Odilon Redon è simbolista.
Il francese di Bordeaux sceglie soggetti della mitologia classica, da una derivazione romantica.
Si recupera dunque l’altra frangia dell’estetica settecentesca quella neoclassica nella misura in cui i soggetti del neoclassicismo erano i miti.
Il simbolismo propone rivisitazioni del mito classico.
Odilon Redon richiama alla memoria la conoscenza del mito greco, le sue opere sono immagine di ciò che affiora dalla coscienza dopo che il mito si è sedimentato.
I Nabis
Nabis è il nome dato ad un gruppo di pittori degli anni ’90 del XIX secolo operanti in Francia, mossi dall’intenzione di dipingere in modo nuovo e lontano da quanto appreso alla scuola di pittura infatti sentivano il bisogno di dipingere in modo più arcaico.
PAOLO SERUSIER
Paul Sérusier nacque a Parigi nel 1864 e per così dire fu alla testa dei Nabis, un gruppo di artisti che cercavano di riportare la pittura a una comunicazione più arcaica, distante dai canoni rigidi imparati nelle scuole di disegno.

Pierre Puvis De Chavannes
Preraffaelliti
La confraternita dei Preraffaelliti nasce nel settembre del 1848 in Gran Bretagna; sia per le tematiche che per il tratto di questi pittori è pienamente tardo romantica.
Una delle manifestazioni culturali artistiche più significative dell’età vittoriana (1837-1901).
Essi costituiscono una delle correnti artistiche tardo romantiche, ebbero un certo terreno fertile anche per la commistione con pittori di altre nazionalità e dunque depositari di tradizioni pittoriche differenti rispetto al nucleo originario dei preraffaelliti.
Dopo un iniziale rifiuto da parte della critica, persino lo scrittore Charles Dickens li giudicò male, i preraffaelliti trovano il loro posto nell’olimpo della pittura, specialmente grazie al saggio del britannico John Ruskin intitolato Preraphaelitism.
I fondatori della corrente sono John Everett Millais, Dante Gabriel Rossetti e William Hunt; a questo nucleo originario si unirono poi numerosi altri artisti e i pittori ricevettero l’interessamento e la visita da varie parti d’Europa, come è sempre accaduto nelle comunità intellettuali.
Neopompeiani
Con il termine neopompeiani si indica una piccola corrente artistica sempre in seno al tardo romanticismo, tesa a celebrare l’antichità classica e specialmente Roma antica sia per quanto riguarda il versante del lusso che quello della decadenza dei costumi.
Lawrence Alma Tadema
Lawrence Alma Tadema (1836-1912 ) pittore olandese naturalizzato britannico è noto per i suoi quadri storici, si raggruppano così diversi cicli, come ad esempio uno dedicato alla vita quotidiana di Roma, poi uno dedicato alla Storia di Roma, uno all’Egitto, trait d’union tra i due, il celebre dipinto Antonio e Cleopatra, poi una serie attenta alla Grecia antica, come ad esempio Fidia mostra i fregi del Partenone agli amici o il tardo romantico Saffo e Alceo.
L’ambiente della Roma bizantina e dintorni
Con Roma bizantina si intende talvolta l’ambiente dannunziano, ovvero quello facente per così dire capo a Gabriele D’Annunzio, tra questi ad esempio gli artisti Cesare Saccaggi e Giulio Aristide Sartorio.
Cesare Saccaggi
Negli anni novanta dell’Ottocento Cesare Saccaggi è in pieno fermento artistico, diplomatosi di recente alla Accademia Albertina di Torino, l’artista originario di Tortona, si reca a Roma dove ferve la vita e l’arte, dove può avere a che fare con altri intellettuali.
In quel periodo la sua produzione spazia da temi mitologici a temi della storia della letteratura italiana, le sue tematiche mostrano dipinti di vario genere, che richiamano la mitica Arcadia eppure il grande contenitore della Divina Commedia di Dante Alighieri, vediamo per esempio la biblica Semiramide, citata nell’Inferno di Dante, così come leggermente più tarda (1903), la passeggiata di Dante e Beatrice in Incipit di Vita Nova, altro pregevolissimo testo dantesco.
Giulio Aristide Sartorio
Giulio Aristide Sartorio non è mai stato un preraffaellita, semplicemente da vero gentiluomo si recò a Londra per conoscere loro personalmente, inevitabilmente la conoscenza così come la volontà stessa di avvicinarsi a loro determina, almeno per un certo periodo della sua carriera artistica una mescolanza con il Romanticismo principalmente, per il quale è tramite un’altra frangia tarda del Romanticismo stesso, ovvero il Decadentismo romano.
Inizia da Verista, poi si scopre Simbolista
Giulio Aristide Sartorio è inizialmente Verista, poi a Roma, sua città natale, entra in contatto con l’ambiente del Decadentismo, raccolto intorno all’influente poeta e critico Gabriele D’ Annunzio (1836-1938) contemporaneo del Sartorio.
Ed è proprio per Gabriele D’ Annunzio che Sartorio esegue alcune opere che segnano il passaggio al Simbolismo.
Con la Biennale del 1895 diventa un artista affermato e da quel momento la sua carriera è in forte ascesa, riceve infatti commissioni pubbliche.
Commissioni pubbliche: Palazzo Montecitorio
la decorazione della Camera Dei Deputati, a Roma presso palazzo Montecitorio è a mio avviso la più significativa per comprendere la tridimensionalità di questo artista che conobbe personalmente Friedrich Wilhelm Nietzsche, durante il periodo di insegnamento a Weimar.
Tridimensionalità che deriva da una profonda conoscenza della mitologia e una profondissima concezione della vita.
L’intensità drammatica delle scene a palazzo Montecitorio, dipinte con una tecnica particolare più resistente dell’affresco è preannunciata dal ciclo del 1907 al Salone Centrale per l’Esposizione Internazionale per il quale dipinge 240 metri quadrati in nove mesi, un ciclo decorativo sulla base della mitologia per illustrare il poema della vita umana.
La visione epica della Storia d’Italia è il tema delle decorazioni a palazzo Montecitorio realizzate tra il 1908 e il 1912, composto da circa 260 figure a encausto.
Il fregio è continuo e si trova nella parte alta dell’aula della Camera dei Deputati con cinquanta tele affiancate.
Il fregio rappresenta la visione epica della storia d’Italia, il contenuto lirico della sua civiltà secolare, la Giovane Italia serena sulla quadriga trionfale, allo spettacolo denso della sua storia
Giulio Aristide Sartorio, dichiarazione rilasciata a La Tribuna pubblicata nell’articolo Il fregio della nuova aula in Parlamento, 22 settembre 1913.
La Sirena (o Abisso Verde): esempio di tardo romantico
Per avere un’idea della pittura di questo artista credo sia imprescindibile vedere il suo quadro La Sirena, acquistato da collezione privata dalla Galleria di Arte Moderna di Torino nel 2007, di cui Luigi Pirandello disse:.
“….dall’alto del quadro una breve barca si piega a seguir l’onda; sulla barca, proteso e supino, un adolescente cinge con un braccio l’emersa incantatrice.
In quest’onda è tagliato con sommo ardire tutto il quadro.
E vi par di sognare, guardandolo“.
Luigi Pirandello
La Sirena (o Abisso Verde) di Giulio Aristide Sartorio è di una bellezza puramente romantica e del tutto inconfondibilmente preraffaellita; ho avuto la buona occasione di vederla dal vivo proprio alla GAM di Torino e non me la sono fatta scappare; ne ho un ricordo indimenticabile.
Questo quadro chiamato la Sirena è stato realizzato a Roma dopo un primo soggiorno londinese, ovvero entro il 1893, quindi prima che l’artista diventasse famoso (con la biennale del 1895), e ancora prima del suo soggiorno a Weimar nel biennio 1893-1894, dove insegnò all’Accademia di Weimar e dove conobbe Nietzsche.
Articolo in aggiornamento.
di Elettra Nicodemi
Categorie:Storia dell'Arte
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