Letteratura

Area Archeologica di Luni: dal passato, il futuro in Liguria

Ciao, in questo articolo vi racconto dell’antica Luni, vi presento il museo e l’area archeologica, compreso l’anfiteatro, ma prima, come di consueto, inizio con un racconto fantastico, dunque buona lettura!.

Racconto fantasy

Il seguente racconto Quinto Caio Massimo, Il soldo dell’antica Roma e le due lucerne di avanzo è una opera della mia fantasia, qualsiasi riferimento a fatti, a cose o persone realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

Elettra Nicodemi

Quinto Caio Massimo,
Il soldo dell’antica Roma e le due lucerne di avanzo

Roma, 44 a. C.
Quinto Caio Massimo è un uomo che commercia in lucerne.

Gli affari con le lucerne sono tanto magri quanto numerosi; una lucerna costa appena l’equivalente di un quarto di pagnotta, quattro lucerne un pane, tolte le spese per acquistarle all’ingrosso o più spesso per produrle, si arriva a sei o sette lucerne per un pane, a seconda dell’abbondanza della legna per bruciare; scaldare abbastanza l’argilla è fondamentale per colare bene lo stampo.

Una lucerna è fatta come una piccola lampada, più spesso come un piattino con relativa tazzina; una tazzina capovolta; alcune volte le lucerne assomigliano ad oliere, contengono olio buono per illuminare.

La quantità del petroleum vale per un quarto di sera, cioè un’ora; quelle che espone Quinto Caio Massimo sono piccole abbastanza per illuminare il raggio che descrive il gioco che si fa legando un nastrino ad uno scarabeo, illuminano fino a dove lo scarabeo riesce a volare lontano, tenendo il filo teso.

Sono buone, abbastanza buone per farlo bazzicare e vendere dalle parti del foro romano.

“Se non fai affari là, allora è meglio rinunciare”, L’ammonimento che ritorna alla memoria di Quinto Caio Massimo ognivolta che spiega la sua mercanzia, fu di un fabbro, il fabbro da cui Quinto Caio Massimo forgiò molti anni addietro, il suo stampo per lucerne, il suo stampo per lucerne personale.

Le lucerne di Quinto Caio Massimo hanno una greca classica e persino l’ultimo dei ciabattini che bazzica per Roma, qualunque uomo libero a spasso per la città eterna nello spazio di tempo tra le guerre puniche, riconoscerebbe una lucerna di Quinto Caio Massimo: una greca classica al bordo e un pesce sul retro, nello spazio buono per incocciare la lucerna al dito. Una stilizzazione che, con tutte le sue forze, ricorda un animale marino.

Una coda, una pinna caudale, un occhio; rotondo e intagliato abbastanza da spendere se non alla prima, alla seconda o alla peggio alla terza un attimo buono per fissarlo.

Di Quinto Caio Massimo si può dire che le lucerne siano la sua grande passione.

L’altra sua passione, ogni uomo ne ha due, per la vita, è il garum.

La prima comprende la vita del foro, la Roma attiva, gli oratori, i parlatori, le congregazioni della piazza che a volte si anima in mucchi; ama così tanto il foro in cui vende le lucerne, il foro di Roma, da avere qualche momento di sentimento persino per i mendicanti dei fori.

Disprezzo, odio, ripugnanza per la maggior parte delle volte, ma guardandoli strisciare tra le bancarelle, gli balena alla mente il pensiero che quelli, quelli che gli passano davanti sono i peggiori o, a voi piacendo i migliori, mendicanti di tutto quello che Quinto Caio Massimo avvicina al concetto di umanità, di mondo fino alle colonne d’Ercole e più oltre fino ai leoni del mondo inesplorato.

Al foro ci sono le donne da guardare, passano matrone, meretrici, giovani, ragazzine che, stando abbastanza attento durante i giorni, puoi vedere maturare come un boccio, un boccio buono da annusare.

Il garum, la seconda passione di Quinto Caio Massimo avvicina la prima delle sue pulsioni con le lucerne, con le donne e con il cibo di cui ha conoscenza abbastanza vasta da riuscire a salvare le penne tra le bancarelle del foro che, come è noto, non sempre è clemente con stomaci delicati come il suo.

Del garum di cui è ghiotto, ha una sola buona regola per sceglierlo, la salsa che aggiungerà alle sue povere pietanze è presa alla luce della lucerna più antica, la stessa che mantienenella sua bisaccia personale e che non ha mai venduto.


“Quanto è vero che questa è la centocinquantasettesima volta che ricaricarico la mia lucerna migliore, e ognun sa che è rito di solo occasioni speciali, come sua consuetudine calca un poco il tono, questa sera l’accento sarebbe calato a proposito delle Occasioni Speciali.

Doveva averne sentito al foro, dall’oratore che provava il suo discorso, durante la mattina, ormai lontana di quello stesso giorno, “Questo è un soldo buono!”, “Quinto, non fartelo ripetere ancora, non accetto questo soldo, non è un soldo che ho mai visto prima”, “Con questo stesso soldo mi hanno pagato per le lucerne, oggi stesso. Io ho cambiato la mia mercanzia per questa moneta”.


L’argilla è gratis, basta andare a prendersela, si raccatta da terra, talvolta si scava con un certo grado di furtività, nelle cave, cave di argilla; ma il garum, la salsa di pesce, si paga.


“Peggio per te, Caio!”, “Allora non hai del garum da cambiare per questa?”, “Massimo! No, ancora per certo e senza dubbio alcuno, no. Vattene adesso”.

L’appellativo, Massimo!, viene fuori quando la sopportazione di quel Venditore di Lucerne ha raggiunto il culmine, cosa che, durante il giorno, coincide con il lasciare che prenda, faccia, dica, interloquisca, invada, qualsiasi cosa o persona a lui vicina.

Tuttavia, persino lui, se l’è vista brutta qualche volta: alcuni, al foro non lo apprezzano.

Lui sta in vicinanze abbastanza strette con venditori di frutta, di pesce o di spezie, alla larga da tessuti e venditori di schiavi.

Questi ultimi non sopportano la sua presenza, tanto da rivolgere carezze ben poco morbide al suo indirizzo.

Quinto Caio Massimo non è il suo vero nome, gli è stato affibbiato sopra il nomignolo con cui un tempo era solito presentarsi al foro, a quelli cui si accostava per vendere le sue lucerne.

Il nomignolo originario ricordava il significato del gioco, ludus, ma per il fatto che si faceva ripetere ogni cosa per ben cinque volte prima di cedere di un solo punto sulla sua posizione, qualunque essa fosse, fu chiamato Quinto.

Il resto del nome gli rimase appiccicato una volta, che fu memorabile.

Un acquirente alle sue lucerne, un uomo importante, si vedeva dalla toga che indossava con disinvoltura, lo nominò Caio Massimo dopo averlo sentito chiamare Quinto da un venditore vicino.

Il moto di stizza del togato fu, probabilmente, dovuto ad assonanza e unito alla storpiatura bonaria di Quinto Fabio Massimo, il cunctator, il temporeggiatore.

Ed è vero, prendeva tempo Caio Massimo, vendeva una lucerna in più a quelli che venivano a prenderne tre e due, addirittura due di più a chi ne voleva comprare una soltanto; certe volte le sue vendite erano di cinque lucerne e, per
tutte le acciughe del mondo! Quelli si ritrovavano contenti, e tornavano a comprare da Quinto Caio Massimo.

A chi si rivolge lui per una lucerna soltanto e porge il soldo nella mano destra ben aperta, Quinto Caio Massimo non ha mai azzardato una parola se non per vezzeggio.

La sua etica, e il suo vanto più intimo: non insistere dove non c’è margine.

Crede che una lucerna in più a disposizione possa fare a comodo, e preferisce sapere quelli che si allontanano più carichi di lucerne che di dubbi su quanta luce avrebbero avuto per quella notte.

Se, Basta, a miglior ragione, Avanza.

Quell’uomo, che lo ha chiamato Caio Massimo, si allontanò con undici lucerne nella bisaccia, due volte tanto a quelle che aveva chiesto all’inizio della contrattazione e due in più, gentile omaggio di Caio Massimo.

“Un uomo, con una stola di un arancio che non ho mai visto prima, mi ha dato questa stessa moneta, ricordo con esattezza”.

Quinto Caio insiste al banco della locanda e per tutta risposta il locandiere chiude i battenti alle spalle di Quinto Caio, lasciandolo fuori, sulla strada, senza garum.

Il giorno seguente succederà per caso che Quinto Caio Massimo incontrerà di nuovo l’uomo della moneta avariata, e per tutte le acciughe del mondo, lo fermerà! Lo tirerà a sé, lo volterà urtandolo per il gomito, urlandogli all’indirizzo
del volto, “Mi hai pagato con una fasulla. La moneta porta inciso un dieci sulla faccia buona, canaglia!”.

Il vestito di arancio, scanserà la spalla e si libererà della presa come un uomo si libera del fastidio di una mosca; avrà il buon gusto di adoperare lentezza nel ruotare e altrettanta calma nell’abbassare lo sguardo per fissare l’ardito Massimo.

Sangue freddo, il portatore della stola aranciata, delatore della moneta, è un uomo alto diverse spanne più del minuscolo venditore di lucerne e ha, in un suo mignolo, più forza di quanta non ci sia in tutti i muscoli del temporeggiatore di luci e lucerne.

Sebbene ripescare una persona in tutta Roma e addirittura un forestiero, la cosa che fosse un forestiero, si capisce subito, se non dalla foggia dell’abbigliamento, almeno dalla tinta della stoffa, sia cosa ben rara, a paragone si potrebbe dire, un ago in un pagliaio, Quinto Caio Massimo si ritirerà nelle sue ossa, pensando bene di conservarsele tutte intere con il solo sforzo di tenere la lingua serrata tra i denti.

Quinto Caio Massimo di fronte alla locanda dai battenti chiusi, non immagina di quanta gloria sia illuminato, non avrà modo di saperlo questa sera in cui è rimasto a becco asciutto, né lo saprà nell’arco di tutta la sua vita, ma quell’uomo, il vestito d’arancio che paga con monete non ancora coniate, è in viaggio nel tempo, proviene da un’altra epoca per cambiare le sorti del destino.

Quinto non ebbe mai a immaginare che, se non fosse stato per le sue lucerne per, caso volle, una coppia di lucerne in più strappata all’acquisto dell’uomo in arancio, Cesare, Giulio Cesare, sarebbe morto, alle idi di marzo della prima metà del secolo che scorse, prima della nascita di Cristo.


L’area archeologica

L’area archeologica di Luni è un complesso archeologico particolarmente interessante perché presenta 1400 anni di stratificazioni della antica città romana Lunae originariamente fondata nel 177 a.C.

Elettra Nicodemi

Gli scavi si succedono nel corso degli anni scoprendo sempre nuove evidenze storiche.

Visitabile liberamente o in compagnia delle guide, delle quali è bene avvalersi non solo per le spiegazioni, ma anche per accedere all’anfiteatro [*], di poco discosto dalla città ovvero dalle abitazioni private antico romane, il museo è attualmente in dismissione e sono chiuse alcune parti, ma la rivalutazione fatta nel corso degli ultimi anni e parzialmente inaugurata lo scorso anno (2019), merita un approfondimento, infatti sono previste ulteriori novità per la nuova sede museale e naturalmente da Inside The Staircase non vorremmo mai perderci il corso delle cose.

La mia visita a Luni

Ho visitato il la zona archeologica e il museo di Luni diverse volte; ho realizzato questo video nel marzo 2017 durante la passeggiata tra gli scavi; nel servizio mostro principalmente il mosaico di Oceano e l’anfiteatro raccontandovi alcune cose ad esempio sull’architettura dell’anfiteatro e vi svelo alcuni particolari da cui è possibile ricostruire la funzione di certe aree, come ad esempio la zona biglietteria.

Visita al complesso archeologico di Luni

Si ringrazia il personale del museo di Luni per la cortese collaborazione e l’aiuto.

il mosaico di Oceano

Il mosaico di Oceano rende il plesso lunense particolarmente attraente dal punto di vista storico-artistico perché mostra una commistione tra gusto africano e occidentale che è presa a testimonianza della commistione culturale che doveva toccare la città di Luni, luogo di commercio e da cui partivano i blocchi di marmo intagliati e trasportati a valle.

Parte di una pavimentazione, il mosaico è in buono stato di conservazione e non in ultimo di integrità ragguardevole.

Raffigura la testa della divinità marina Oceano la cui folta barba termina in pesci; la testa è contornata da molte creature marine.

Una di queste creature è un delfino e è cavalcato da un amorino; il piccolo angioletto regge un tridente e sembra condurre i pesci in direzione della testa.

In altre porzioni di mosaico si vedono scene di bagno e di giochi che ricordano la magnifica Villa del Varignano (SP), non molto distante da Luni considerando un tragitto in automobile.

l’anfiteatro

L’anfiteatro ha delle parti particolarmente interessanti oltre alla bellezza in sé dell’edificio.

Usato come luogo di intrattenimento per i giochi con i gladiatori e le bestie feroci, l’edificio ha una buona struttura muraria da cui si possono capire varie cose, come ad esempio che alcune scalinate più esterne dovevano permettere l’accesso ai piani superiori, mentre altre sono intuite a buon diritto dagli studiosi, il riferimento va ad alcune volte che in origine si presumono fossero cave per lo scarico delle forze dell’edificio a cielo aperto e con almeno un ordine superiore da segnalare.

Una zona in particolare aveva presumibilmente una funzione particolare ed era quella della biglietteria.

In attesa delle realizzazioni video sulla nuova parte museale che comprende una sezione per le statue in marmo rinvenute nel complesso dell’antica città di Luni oltre a sezioni didattiche video e parti di cultura materiale, ricordiamo che è possibile vedere l’area archeologica di Luni anche dalla autostrada A12 Genova-Livorno nel tratto autostradale tra Sarzana e Carrara, usufruendo della struttura urbanistica appositamente realizzata per mostrare dall’alto ai visitatori che si recano a Luni in auto o in pullman il complesso degli scavi e per godere naturalmente dello splendido panorama che le Alpi Apuane ancora serbano in lontananza.

Il Museo di Luni oggi

Le statue e i reperti

Il complesso archeologico museale riserva splendide statue di marmo bianco, statue di cui talvolta l’integrità è parzialmente conservata, ma conservano intatti particolari da cui è possibile desumere informazioni quali il periodo di realizzazione oppure le tecniche con cui sono state realizzate (esistono varie tecniche derivate anche dagli attrezzi che vengono utilizzati, per esempio lo scalpello, il bulino, ecc.).

In generale dallo stato di conservazione, dai particolari e dalla tecnica per la realizzazione si ricavano conferme o vere e proprie evidenze sulla datazione e curiosamente talvolta -incrociando più fonti- anche notizie sul soggetto rappresentato oltreché sugli usi architettonici, il riferimento va ai capitelli o alle decorazioni tipo altorilievo e a mosaico.

Il nuovo museo

Di recente ho visitato il museo in corso di allestimento.

Per ora sono visitabili alcune sale, a piano terra e al primo piano.

Sezione Dante Alighieri

A Luni il nuovo plesso museale, nella parte già visitabile ha, oltre a una considerevole ala di statue a figura umana, una sezione dedicata a Dante Alighieri.

Il poeta scese in Lunigiana nel corso della sua vita e nel XIV secolo ne racconta nella Divina Commedia.

L’esposizione dei reperti del vecchio museo, sarà auspicabilmente almeno parzialmente recuperata nel rinnovato edificio, adiacente al vecchio museo, infatti non solo le fonti, ma anche gli oggetti di cultura materiale della collezione di Luni sono altamente significativi per capire il passato della Città di Lunae, ma anche per la storia romana in sé, fornendo informazioni per lo studio della popolazione degli antichi Liguri, degli Etruschi e naturalmente degli Antichi Romani.

Valorizzano insomma il plesso archeologico in una ottica storiografica non solo storico artistica.

Plesso archeologico che di per sé ha molto da mostrare non solo per la stratificazione archeologica che mostrano gli scavi ma proprio per quanto riguarda le strutture edilizie tipiche dell’epoca romana.

Lungo gli scavi si riconoscono resti che dovevano appartenere a edifici con diversa destinazione, come ad esempio stanze per il bagno, luoghi adibiti al commercio e al culto oltre alla zona abitativa vera e propria, già citato l’anfiteatro in uno stato di conservazione tutt’altro che scontato è recintato per segnarne confini di interesse archeologico dal resto della campagna e per preservare la conservazione del sito.

Monete

Tra i reperti conservati e esposti nelle teche del Museo vi sono numerose monete, tutte ritrovate nei pressi del teatro e nell’area della città.

Si tratta delle monete che sono finite a terra cascando da una tasca, sfuggendo di mano, insomma perse; lo stesso vale per parte degli altri oggetti esposti al primo piano della sede museale, in particolare gioielleria in metallo (anelli o pendenti) pettini di avorio, aghi da cucito, più in generale si parla di materiali rinvenuti come ad esempio metalli, osso, ma anche in considerevole quantità ceramica, vetri, pietre, un discorso a parte per i metalli tipo chiodi ritrovati nel terreno.

I reperti numismatici sono comunque assai numerosi da dedicargli una sezione apposita di questo articolo.

Le monete di Lunae sono state ritrovate con gli scavi archeologici condotti sul territorio dagli anni ’50 del secolo scorso a un paio di anni fa (2019).

Le indagini degli anni ’50 iniziano l’11 giugno del 1951, le prime ricognizioni nell’area si devono a Raffaele Umberto Inglieri ispettore della Sopraintendenza dell’Antichità della Liguria; gli scavi sono realizzati sul fianco semicircolare della cavea ben visibile dopo un primo intervento superficiale.

Sopra il teatro (o anfiteatro) di Luni superfetazioni militari, apposte durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), per di più l’occultamento era perfezionato da vegetazione spontanea infestante.

Per quanto riguarda la parte architettonica romana vengono alla luce i quattro setti murari della cavea, e i passaggi radiali dei vomitoria.

La seconda campagna di indagini archeologiche in situ inizia 16 anni dopo (1967) e se per le indagini del decennio precedente non ho documentazione esaustiva sulla campagna di scavo in sé, per gli scavi degli anni ’60 invece sappiamo che durano tre anni, ovvero fino al 1969, e sono realizzate da Antonio Frova nell’ambito di un vasto e articolato progetto di ricerca di concerto con la Sopraintendenza della Liguria.

Le indagini archeologiche del 2014 intraprese con fondi comunitari e approfondite tra il 2018 e il 2019 hanno restituito una visione più completa proprio del teatro lunense.

La campagna anni ’60 di Frova sul teatro di Luna, rilevò le strutture del teatro stesso e portò al vivo la planimetria, ma è solo con le indagini più recenti che si scoprono dettagli quali l’essere un teatrum tectum, ovvero un teatro coperto.

Informazioni sulle trasformazioni operate sulla struttura -la cui costruzione risale circa al ’40 del secolo I d.C, per lo meno per quanto riguarda il muro perimetrale nord del teatro, il più antico- hanno restituito un’idea sull’aspetto dell’edificio più particolareggiata, ad esempio attraverso l’analisi degli arredi marmorei scultorei e architettonici, infine si sono rilevate ubicazioni d’uso differenti nel corso dell’Alto Medioevo.

Le monete di Luna sono in gran parte consumate, in alcuni casi pressoché illeggibili, sono reperti che hanno molto da dire sulla circolazione monetaria dell’antica città.

Gli scavi del 2014 hanno restituito solo tre monete, mentre con gli scavi degli anni ’50 ne vennero fuori parecchie di più, la maggior parte dunque è stata ritrovata prima che gli scavi degli anni ’60 riportassero alla luce il plesso teatrale, e suppongo che la campagna del Frova sia stata condotta anche sui risultati delle indagini del decennio precedente.

Due delle tre del 2014 si trovano nei saggi interni al teatro, mentre una è stata ritrovata tra le mura.

Si tratta di un “vittoriano” repubblicano in argento con incisa una testa di Giove laureata e rivolta a destra sul dritto, mentre sul retro si riconoscono la figura di Vittoria alata stante in atto di collocare una corona su un trofeo e inoltre la sagoma di un fulmine.

La seconda moneta che vi elenco, una delle tre ritrovate nel 2014, è un asse dimezzato, cioè una moneta spezzata, di bronzo che ha sul dritto la testa nuda di Augusto, rivolta a destra e sul retro una scritta che si ricostruisce essere Gallius Lupercus IIIvir e al centro la dicitura che indica il conio presso Roma.

La terza è un Marco Aurelio presenta sul dritto la testa dell’imperatore filosofo e scrittore romano Marco Aurelio.

La testa sul dritto è rivolta a destra, mentre sul retro della moneta si trova una figura stante appena leggibile probabilmente una Vittoria alata, rivolta a sinistra, con corona e palma; ai lati della figura l’indicazione di conio romano.

L’asse con impressa la testa di Marco Aurelio, una delle tre monete degli scavi 2014, risale al 163-164 d.C. e è il reperto di una moneta in bronzo di quell’epoca; pesa 8,05 grammi (meno di 0,3 once).

Gli scavi romani

Tutta la zona di Lunae permette di avvicinarsi agli scavi attraverso camminamenti in metallo e corridoi sopraelevati rispetto al terreno dove si trovano i resti.

Sono presenti cartelli con informazioni sul luogo dove si trova il visitatore e ove possibili recanti indicazioni sulla destinazione romana dei ruderi dell’edificio a cui è prossimo.

La parte degli affreschi resta il grande sogno di Luni perché è da molti anni che chiede venga riaperta al pubblico la loro domus.

Il mosaico di Oceano di cui abbiamo approfondito più sopra è antistante a questa domus di cui siamo in attesa di apertura.

Opportunità di visita

Il parco archeologico di Luni segue la tariffazione di 4 euro per il biglietto intero e partecipa all’iniziativa del Ministero dei Beni Culturali Domenica Al Museo che prevede ingresso gratuito durante la prima domenica del mese.

Sono previste specifiche in merito alle biglietteria, come ad esempio riduzioni e ingresso stampa, si prega di contattare direttamente il museo per ulteriori eventuali, si ricorda che le visite guidate sono gratuite, non è richiesta una maggiorazione del prezzo del biglietto e si tengono più volte durante il giorno.

[*] Covid-19

Le visite guidate all’anfiteatro sono legate all’ottemperanza delle restrizioni anti-contagio.
Si rimanda ai canali di informazioni del museo (es. pagina social) per verificare la possibilità di visita.

Cavalcavia panoramico e area multimediale

Il cavalcavia panoramico a Luni è una costruzione che sovrasta l’autostrada Genova-Livorno all’altezza di Luni; il palo portante del cavalcavia è stato posizionato nel punto in cui anticamente sorgeva il faro della città lunense.

Acessibile a piedi sia dall’autostrada, attraverso gli appositi tornelli afferenti all’area di sosta autostradale, sia dall’entroterra di Luni, permette una ampia vista sull’area lunense, sulle Alpi Apuane, sulla campagna verdeggiante e sul mare.

L’area multimediale è accessibile direttamente dal cavalcavia e direttamente dall’area di parcheggio autostradale, in questo caso sempre attraverso un apposito passaggio; la stanza multimediale permette la visione di un filmato su un maxi schermo cinematografico, suggestivo dell’antica Luni e della navigazione verso il porto di Luni o meglio, con nome latino, dell’antica Lunae.

Personalmente penso che sia un luogo molto suggestivo e che merita una visita, buona per tutte le età; sono rimasta molto piacevolmente colpita dall’audio e dalle musiche del filmato; ho adorato la presenza tra le immagini proiettate, del mosaico di Oceano il famosissimo mosaico, di cui anch’io racconto in questo stesso articolo, che unisce due estetiche lontane quella africana e quella peninsulare.

Incontri online

Verso il nuovo museo marzo-ottobre 2021

Riporto qui il calendario degli incontri online che si svolgono a partire da giovedì 25 marzo 2021.

La rassegna di incontri consta di nove appuntamenti per scoprire la storia di Luni a partire dagli oggetti archeologici e si intitolano:

  1. Luni preistorica;
  2. Il paesaggio tra terra e mare;
  3. Ameglia: emporio dei Liguri, Celti e Etruschi;
  4. La città di Luna;
  5. La città di marmo;
  6. Luni medievale;
  7. La “Luna” ritrovata;
  8. Luni in restauro;
  9. Verso il nuovo museo.

Gli incontri online iniziano alle ore 16,30 per informazioni specifiche e per prenotarsi si rimanda al sito, vedi Luni-21.

Modifica al calendario webinar 2021

Il calendario degli incontri online 2021 Verso il nuovo museo è stato modificato dopo una prima relase.
La grafica del calendario che pubblichiamo qui sopra è diversa da quella inizialmente proposta, si tratta infatti della versione aggiornata.



Articolo in aggiornamento.

di Elettra Nicodemi

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